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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Milano 1992 - 2010: Fra declino e trasformazione

Ripresa notturna dell'ingresso Teodorico della Fiera Milano nell'area Portello con scie colorate dei fanali di automobili. Fotografia di Roberto Zabban, Milano novembre 1997 (Centro per la cultura d'impresa, Fondo Zabban)

 
 

Nell’autunno-inverno del 1998 la nascita della “seconda Università degli Studi di Milano”, oggi nota come Milano-Bicocca, sulle aree un tempo occupate dai capannoni della Pirelli e della Breda, segna a livello simbolico uno spartiacque tra la vecchia città industriale e la Milano di oggi, metropoli del terziario, della moda e del design. «Dal lavoro di fabbrica alla fabbrica delle idee», secondo un fortunato slogan.
Una sorte analoga, al polo opposto della città, a poca distanza da Porta Ticinese un tempo cuore della Milano popolare, ha il vecchio quartiere industriale che si era sviluppato attorno alla piccola stazione di Porta Genova. Dove un tempo avevano sede imprese quali la vetreria Bordoni, la Riva Calzoni, azienda leader nella produzione di turbine per l’industria elettrica, l’Ansaldo Cge, nasce un nuovo quartiere, una zona contrassegnata da un brand di successo, noto come “via Tortona”. Con la sua concentrazione di attività legate alle nuove professioni, dalla moda al design, dall’informatica ai nuovi media, via Tortona è nota internazionalmente e meta di pellegrinaggi di massa in occasione delle manifestazioni collegate all’annuale Salone del mobile ospitato in Fiera.
Di nuovo a Nord, ma questa volta nel vasto territorio che si protende senza forma e confini definiti in direzione di Monza e della Brianza, in un continuum urbano indifferenziato: è nelle pieghe di questa metropoli diffusa che si trova oggi il cuore manifatturiero di quella che un tempo era la città del lavoro.
Una configurazione che sembra la riproposizione in chiave postmoderna della realtà ottocentesca. Allora infatti si diceva, ricorrendo a una facile metafora organicista, che Milano era il cuore pulsante della regione, in grado di alimentare e trarre a sua volta nutrimento dal proprio hinterland in un rapporto di mutuo scambio che riservava al capoluogo le funzioni direttive e terziarie. Oggi è in questi territori che fiorisce un capitalismo molecolare composto di imprese piccole e piccolissime, frammiste a società di servizi, piattaforme logistiche, centri commerciali.

 

È questo pulviscolo manifatturiero, dal quale si stacca un nucleo di imprese più robuste (ovvero con un numero di addetti compreso tra i 50 e i 499, e un volume di vendite tra i 15 e i 330 milioni di euro, secondo la classificazione di Mediobanca) e si esprime una forte proiezione internazionale, a conservare alla provincia di Milano un’elevata densità industriale malgrado lo smottamento registrato dalla grande impresa a partire dagli anni Ottanta del secolo scorso. Molti degli stabilimenti che hanno fatto la storia dell’industria italiana (Montecatini Bovisa, Falck e Marelli, Alfa Romeo, Om, Tecnomasio, Innocenti) non esistono più o ne sopravvivono spettrali avanzi destinati in un prossimo futuro a essere divorati da una frenesia costruttiva che sembra instancabile, solo rallentata dalla crisi immobiliare esplosa nel 2008 e ancora in corso. Aspettando Expo 2015.

Risorse bibliografiche
G. Bocca, Metropolis. Milano nella tempesta italiana, Milano, Mondadori, 1993; La nascita di una università nuova: Milano-Bicocca, a cura di N. Leotta, Milano, Skira, 2002; La città infinita, a cura di A. Bonomi e A. Abruzzese, Milano, Bruno Mondadori, 2004.