Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Torino-Ivrea 1945 - 1970: Gli anni gloriosi

Immagine pubblicitaria della "600", anni Cinquanta (Archivio e centro storico Fiat, fondo iconografico).

 
 

2 giugno 1946: l’Italia devastata dalla guerra è una Repubblica. Il bilancio, dopo un ventennio di dittatura fascista, il riarmo, l’intervento bellico a fianco della Germania nazista e la guerra di liberazione, è tragico per il Paese, ma la struttura economica mostra positive potenzialità di recupero; la capacità produttiva globale e il valore degli impianti risultano ridotti di poco più di un decimo rispetto ai livelli prebellici, con una distribuzione geografica che penalizza i centri dell’industria pesante meridionale rispetto al Nord. Pesano la disarticolazione della struttura economica, la mancanza di materie prime e l’annichilimento dei mercati, insieme alla distruzione materiale delle case e delle infrastrutture: a Torino il 7% degli edifici è irrimediabilmente disastrato e un terzo del patrimonio abitativo risulta danneggiato. Superata l’emergenza della ricostruzione, che chiama alla collaborazione gli operai dell’industria cittadina, in un clima di grande incertezza per la gestione commissariale delle imprese (compresa la Fiat), l’iniziativa economica torna ai vertici imprenditoriali e alla politica nazionale: quale ricostruzione disegnare in un Paese che ha ancora il 44% della forza lavoro occupata in agricoltura e livelli di consumo privati che non garantiscono un’esistenza dignitosa alla maggioranza dei cittadini?
Casa e automobile: edilizia e industria meccanica; e, per entrambe, acciaio ed energia: l’opzione “industrialista” non è però scontata. Fra i grandi imprenditori italiani solo Vittorio Valletta (che guida la Fiat dopo la morte di Giovanni Agnelli nel 1945) e Adriano Olivetti ci credono: i maggiori “protagonisti” del “miracolo economico” nazionale nell’impresa privata rappresentano il vertice piemontese del triangolo industriale. Gli obiettivi sono l’espansione dimensionale delle imprese e l’aggiornamento alla frontiera tecnologica internazionale: grazie agli aiuti dell’European Recovery Program (Erp) l’Italia aggancia la ripresa che rilancia l’economia del continente.
A Torino, il lento ritorno alla normalità coincide con la “normalizzazione” vallettiana delle relazioni industriali alla Fiat, alla fine degli anni Quaranta; l’impresa automobilistica, forte della tecnologia americana, coglie il ciclo espansivo e fa da traino all’economia locale (e nazionale) proponendo al mercato interno il bene essenziale per soddisfare un’esigenza molto sentita dagli italiani nel dopoguerra, la libertà di movimento: prima sulle due ruote, in Vespa e in Lambretta, poi con le vetture utilitarie prodotte nello stabilimento di Mirafiori, la 600 (dal 1955) e la nuova 500 (dal 1956), che verrà venduta in più di tre milioni e mezzo di esemplari in quindici anni.  

 

"Lancia Aurelia B10", 1950 (Archivio e centro storico Fiat, fondo iconografico).

 
 

Lo sviluppo dell’industria automobilistica è un formidabile moltiplicatore della crescita, perché esprime una domanda potente verso altri settori e comparti, e chiede, fra l’altro, la modernizzazione delle infrastrutture stradali e autostradali, la produzione di laminati piatti di acciaio per le carrozzerie, il combustibile a buon mercato e, ancora, la produzione dei componenti, il supporto dell’industria della gomma e delle vernici, e lo sviluppo delle materie plastiche: negli anni sessanta l’“indotto” Fiat arriva a coprire l’80% dell’attività industriale svolta in città.
L’intero sistema economico cittadino e piemontese registra una crescita articolata: accanto a imprese consolidate e incluse nel programma Erp (Ceat, Officine di Savigliano, Cartiere Burgo, Sip, Riv, Cogne), crescono il settore meccanico (Nebiolo, Elli Zerboni, Moncenisio, Microtecnica, Cimat) e quello elettromeccanico, con l’importante novità della produzione degli elettrodomestici (Indesit e Castor), ma anche l’alimentare per i cibi confezionati, quello dell’abbigliamento (con l’espansione del Gruppo finanziario tessile – Gft – guidato dalla famiglia Rivetti), e il chimico (Schiapparelli e Snia), mentre si consuma la parabola finale della Lancia, che sarà assorbita dalla Fiat nel 1969.
Nel 1963 la produzione di Mirafiori supera la soglia del milione di autoveicoli annui (automobili e veicoli commerciali); alla fine degli anni Sessanta i dipendenti sono quasi 150.000 (un terzo della forza lavoro industriale dell’intera provincia). La crescita della grande impresa fordista è fra le cause più importanti di migrazioni e fenomeni di inurbamento dai caratteri eclatanti. Nel 1961, anno del centenario dell’Unità d’Italia che segna anche il record di incremento annuo del reddito nazionale con l’8,6%, 240.000 lavoratori meridionali si trasferiscono al Nord; nel decennio precedente Milano era passata da 1.270.000 a 1.580.000 abitanti e Torino da 719.000 a 1.025.000, con un aumento pari al 42%, superiore a quello di ogni altra grande città; la calamita della crescita occupazionale alla Fiat porta nei dieci anni successivi il capoluogo subalpino a sfiorare 1.200.000 abitanti; i nuovi insediamenti industriali si allargano ai comuni della prima e della seconda cintura, che raddoppiano la popolazione residente nell’arco di un decennio; Torino, con il 2,5% del territorio regionale, arriva a incidere per il 35% della popolazione del Piemonte.