Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Torino-Ivrea 1992 - 2010: Fra declino e trasformazione

Linea di montaggio dei motori dello Stabilimento Fiat Termoli, 1982 (Archivio e centro storico Fiat, fondo iconografico).

 
 

Il gruppo Fiat sotto la direzione di Cesare Romiti affronta le congiunture critiche con massicci tagli all’occupazione; punta quindi a un riassetto che riduca il peso della produzione automobilistica sul totale delle attività che fanno capo all’impresa e, contemporaneamente, a un decentramento geografico che si risolva con la rinuncia al ruolo cardine del polo produttivo torinese. La crisi del 1993 diventa uno spartiacque decisivo in questo processo: negli anni seguenti la capogruppo assume la fisionomia di una holding industriale, viene scorporata l’attività automobilistica con la costituzione della Fiat Auto, mentre la strategia di diversificazione porta alla creazione di società separate per le altre produzioni (veicoli industriali, macchine agricole, componenti, macchine utensili, fra le altre) con impianti ormai lontani dalla città.
Con il progressivo disimpegno della Fiat, svanisce l’attore unico, e la città si guadagna l’etichetta di “postfordista”.
Nel 1999 e nel 2008 cadono le celebrazioni dei centenari Fiat e Olivetti. Nei decenni a cavallo del nuovo millennio si distinguono i tratti di una trasformazione epocale, scandita dall’uscita di scena delle figure imprenditoriali che hanno segnato la storia della grande impresa novecentesca a Torino e a Ivrea.
Dopo l’abbandono da parte di De Benedetti nel 1996, le difficoltà finanziarie impongono una profonda ristrutturazione del Gruppo Olivetti: vengono cedute le attività produttive nel settore dei personal computer e il baricentro dell’attività aziendale si sposta verso le telecomunicazioni (Omnitel e Infostrada e, dal 1999, Telecom Italia); il ritorno del marchio storico sul mercato con nuovi modelli di personal computer e software e all’Itc è l’evoluzione degli anni più recenti.
Con la morte di Gianni e Umberto Agnelli scompare il nome della storica dinastia alla guida dell’impresa torinese; il piano industriale per il nuovo millennio porta il nome del nuovo Amministratore delegato, Sergio Marchionne, che dà corpo alla trasformazione della Fiat in un’impresa transnazionale che punta alla competizione globale, stracciando l’immagine ormai inattuale dell’impresa radicata nella città.
Il processo di deindustrializzazione impone una riflessione sui percorsi possibili di crescita della città postfordista: il dibattito è vivace e contrappone chi legge la Torino del 2000 come “capoluogo del nulla” o “buco nero” in una prospettiva pessimistica di declino, anche demografico, e chi ne evidenzia le potenzialità di “metamorfosi” e rilancio a partire dalle eccellenze del suo patrimonio storico, politico ed economico.

 

Il "Quaderno", disegnato da Mario Bellini, è un personal computer portatile Olivetti di dimensioni molto ridotte. 1993 (Archivio storico Olivetti, fondo Olivetti).

 
 

Mentre si dissolve l’immagine di capitale industriale e la fabbrica automobilistica abbandona il ruolo di motore della crescita, si rivela l’aggregazione di competenze tecniche e scientifiche, di capacità organizzative, professionali e gestionali “liberate” per nuove attività: un nuovo capitale umano e professionalità appena formate, che si indirizzano al design automobilistico, al made in Italy, alle tecnologie aerospaziali, mentre nuovi investimenti prendono la strada del capitalismo “immateriale” delle reti informatiche e di telecomunicazione. L’imperativo dell’innovazione, a lungo coltivato dalla Fiat, appare ora patrimonio dell’area subalpina, dato che le rilevazioni collocano il Piemonte come la seconda regione, dopo il Lazio, per la quota di spesa sul Pil regionale destinata alla ricerca e sviluppo (e la prima limitatamente alla quota destinata dal settore privato).
All’antico ruolo di capitale politica è riconducibile un secondo asse di evoluzione della città postindustriale. Questo riguarda il riassetto urbanistico avviato con il piano regolatore della metà degli anni Novanta, che vede interventi sulle infrastrutture e sul patrimonio abitativo: la monumentalità del centro storico – degno di una capitale –, la posizione collinare, il parco fluviale, la mobilità e i servizi di trasporto diventano oggetto di una politica locale di attenzione alle potenzialità culturali e turistiche della città, che dimostra infine di possedere le capacità organizzative per la gestione di un evento importante come le Olimpiadi invernali del 2006. Agli enti e alle amministrazioni locali si deve infine riconoscere un efficace protagonismo sul versante dell’organizzazione di un sistema di cultura e intrattenimento che ha contribuito ad arricchire il panorama dell’economia e della socialità cittadina, ma anche la capacità di mettere in rete atenei, imprese, sindacati, associazioni di categoria, istituzioni culturali, enti pubblici e privati e coinvolgerli nella formulazione e nel varo dei Piani strategici per lo sviluppo di Torino (Torino internazionale) o dell’agenzia regionale Investimenti Torino Piemonte (Itp, impegnata ad attrarre gli investimenti esteri); complessivamente sembra veramente avviata una metamorfosi verso il terziario avanzato che si propone come motore aggiuntivo della crescita, nel quadro di un progetto ambizioso: le celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia sono iniziate a Torino, il 17 marzo 2011, con la Mole Antonelliana illuminata dai led tricolore, in una città che è stata capitale politica e capitale industriale, e sta immaginando il suo futuro come capitale della ricerca, della conoscenza e della cultura.

Risorse bibliografiche
G. Berta, Metamorfosi. L’industria italiana fra declino e trasformazione, Milano, Egea, 2004; S. Musso, Il lavoro e la città, in Torino Industria. Persone, lavoro imprese, a cura di G. Berta, Torino, Archivio storico della città di Torino, 2008; www.torino-internazionale.org.