Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Archivio di Stato di Lucca

Soggetto Conservatore
  • Denominazione

    Archivio di Stato di Lucca
  • Tipologia

    - archivio di Stato
  • Descrizione

    La prima menzione della Camera dei libri e delle scritture pubbliche compare nello statuto comunale del 1308, che d'altra parte è il primo di quella serie a noi pervenuto: si apprende che nella Camera venivano conservati a cura del cancelliere gli atti dei consigli comunitari e delle magistrature amministrative e giudiziarie, i registri ora perduti degli Acta o Gesta Lucensium, che raccoglievano la memoria dei fatti salienti della repubblica, e verosimilmente i copiari di privilegi e di accordi politici conclusi. I protocolli notarili venivano conservati presso quei privati che ne avevano acquisito il diritto di proprietà a diverso titolo; ma ad essi era fatto obbligo di denunziarne il possesso alla Camera, che in tal modo garantiva il diritto alla loro consultazione. La conquista di Lucca da parte di Uguccione della Faggiuola il 14 giugno 1314 ed il saccheggio della città ebbero conseguenze anche nei riguardi della documentazione pubblica, che andò in gran parte bruciata o dispersa. Un'altra grave perdita gli archivi pubblici subirono nel 1329, allorché le truppe dell'imperatore Lodovico il Bavaro misero Lucca a ferro e fuoco. Ne rimane notizia in un provvedimento che gli Anziani adottarono il 5 ottobre 1334, nel quale fu stabilito di ritenere validi i contratti di vendita conclusi tra il 1320 ed il 1329, anche se di essi non risultava alcuna insinuatio, né l'avvenuto pagamento della tassa alla gabella [AS LUCCA, Anziani avanti la libertà, n. 7, liber stantiamentorum, a. 1334: " Cum propter ignem missum in civitate lucana in anno Domini MCCCXXVIIII, die XVIIII martii, multi libri imo quasi omnes libri et scripture lucane Camere et lucani Comunis et Gabelle fuerunt combusti et deperditi... "] Una svolta decisiva, per quanto concerne anche l'archivio pubblico, si verificò nel 1369, quando la repubblica lucchese recuperò la libertà dal dominio pisano; da quel momento, ed in seguito al trasferimento di sede del consiglio generale, del collegio degli anziani e dei principali uffici statali nel palazzo di S. Pietro in Cortina, gli atti legislativi e di governo ed in genere tutta la documentazione di rilevanza politica trovarono luogo nel nuovo edificio, mentre dall'antica sede del palazzo pubblico in S. Michele in Foro le scritture della Camera vennero collocate nella torre cosiddetta del carcere di Raimondo. Qui continuarono ad essere depositate le serie documentarie pertinenti ai tribunali e alle curie cittadine nonché le serie delle magistrature e di uffici fiscali, quali quelli dell'esattore, del sindaco, del fondaco, delle gabelle, dell'estimo. Nella medesima sede venne conservata anche la documentazione che gli organi comunali trasferiti nel palazzo di S. Pietro in Cortina avevano avuto fino al 1369 Fu poi disposto, nel 1389, che fossero raccolti là i protocolli notarili, di cui si era spesso constatata la mancata denuncia di possesso alla Camera, così come prevedevano le norme statutarie, o se ne era lamentata la dispersione e la utilizzazione da parte degli speziali come carta da avvolgere. Da allora gli archivi pubblici, dislocati in due sedi diverse, ebbero una netta ed inconfondibile distinzione di natura: da un lato le carte di palazzo, dall'altro le scritture conservate nella Camera, che poi finirono con il costituire l'archivio pubblico od anche l'archivio dei notari. Tutti gli statuti generali della repubblica annoverano disposizioni, che regolavano gli obblighi e l'autorità dei custodi della Camera, o l'" officium notariorum deputatorum ad custodiam librorum archivii seu Camere Lucensis civitatis ": su tale istituto andò man mano crescendo l'influenza dell'offizio sopra le scritture, al quale competeva la revisione dei registri e delle scritture ed il rinnovamento degli inventari, che una disposizione del 1539 prevedeva da farsi ogni cinque anni, e quando avveniva il cambio del custode della Camera. Le carte del palazzo, istituzionalmente vincolate all'attività degli organi politici di governo, vennero a loro volta distinte in due gruppi: da un lato gli archivi correnti e di deposito dei diversi uffici, presumibilmente dislocati nei locali dove si svolgeva l'attività di quegli organi, e dall'altro lato i privilegi, i diplomi, gli statuti, la corrispondenza con sovrani e quella degli ambasciatori. Questo secondo gruppo fu affidato alla custodia del primo cancelliere e per la natura delicata e spesso riservata del contenuto venne custodito nel luogo più riposto del palazzo, detto la Tarpea, insieme con gli oggetti preziosi ed il tesoro. La caduta della repubblica aristocratica nel 1799 e l'avvento di governi democratici di ispirazione francese innovarono nell'assetto antico delle carte, ed in parte la documentazione ne patì; ma, cessate le prime violenze, il 27 agosto 1804 il governo provvisorio decretò che tutte le scritture dei governi della scomparsa repubblica fossero custodite nella cancelleria generale sotto la vigilanza di un funzionario proprio. Nasceva così l'Archivio dello Stato (come cominciò ad essere intesa la cancelleria generale), allo stesso modo in cui si istituiva l'ufficio di archivista di Stato, che per la prima volta venne assunto da Girolamo Tommasi, destinato a divenire l'insigne storico della sua città. Tuttavia i due grandi tronconi della documentazione pubblica lucchese, ossia le carte di palazzo divenute ormai le serie dell'Archivio della cancelleria generale o dello Stato, e quello della Camera delle scritture, continuarono a rimanere distinti; il primo gruppo, anzi, venne tolto dai locali fino ad allora utilizzati e destinati invece da quel momento a completare con gli altri la residenza dei nuovi signori di Lucca, i principi Baciocchi, e fu trasferito nel convento dei domenicani presso la chiesa di S. Romano. La ristrutturazione della piazza antistante il palazzo pubblico colpì a sua volta gli edifici a oriente di esso, in uno dei quali aveva trovato collocazione la Camera delle scritture fin dal 1377 e dove erano rimaste le serie documentarie che costituivano ormai l'archivio notarile. Dovettero essere trasferite nella chiesa dei SS. Giovanni e Reparata, che venne chiusa al culto. Non sappiamo quanta influenza potè avere quel pellegrinaggio nel far prospettare l'idea della istituzione di un " Generale archivio diplomatico " durante il principato baciocchiano (1805-1814): si previde non solo la unificazione degli archivi pubblici lucchesi, ma l'unione ad essi dell'archivio segreto del ducato di Massa e Carrara e quello provinciale di Castelnuovo Garfagnana. Il progetto tuttavia non si realizzò, e le carte massesi dei principi Cybo ritornarono ai loro luoghi di provenienza nel 1814, al pari di quelle garfagnine a Castelnuovo nel 1822. Si trattava però di un'idea che venne ripresa nel 1822, quando la duchessa di Lucca, Maria Luisa di Borbone, acquistò il cinquecentesco palazzo Guidiccioni, destinandolo ad Archivio generale. Da allora si dovette attendere fino al 1860 per il completo e definitivo trasferimento di tutta la documentazione pubblica lucchese in questo edificio. Il materiale documentario comprende innanzi tutto la sezione del cosiddetto museo diplomatico con 19.855 pergamene (secc. VIII-XIX), ordinate cronologicamente e, mediante registri di notulari, distinte per fondi di provenienza (monasteri, famiglie gentilizie, archivio segreto del Comune o Tarpea). I fondi documentari della repubblica e del comune di Lucca sono organicamente conservati a datare dagli inizi del secolo XIV, e fra essi si segnalano: gli statuti, gli atti degli Anziani avanti la libertà, gli atti degli Anziani dopo la libertà, la serie delle riformagioni pubbliche del fondo della curia generale, le carte del governo Guinigi. Quando nel corso del secolo XVI la struttura comunale trapassò nel regime della repubblica cittadina aristocratica, si determinò anche quel definitivo assetto degli uffici e delle magistrature, che fino al 1799 trova riscontro nelle serie documentarie continue ed omogenee. Con l'avvento dei governi di ispirazione francese mutò la struttura organizzativa degli archivi pubblici, in ispecie quando ai quattro governi democratici succedutisi in Lucca dal 1799 al 1805 seguì il principato napoleonico di Elisa Baciocchi Buonaparte, sorella di Napoleone, fino al 1814 e il ducato borbonico dal 1817 al 1847. Si hanno per questa epoca i fondi relativi a segreterie dei governi; lista civile e beni dei principi) senato, consiglio di Stato e consiglio dei ministri; ministeri; prefettura di Lucca; uffici tutelari dei comuni; stato civile; sanità, igiene pubblica; educazione, arti, industria, commercio e annona; acque, strade e fabbriche; milizia; polizia; zecca e cassa pubblica; demanio; registro, ipoteche e debito pubblico; esattori; offizi di sindacato e liquidazioni. Negli anni che intercorsero fra la cessione del ducato lucchese al granducato di Toscana e l'unità d'Italia (1847-1859), Lucca fu amministrata da una prefettura e da uffici giudiziari e finanziari, ricalcati sull'ordinamento in vigore nel granducato. Dall'unità nazionale gli archivi seguono l'ordinamento amministrativo del regno. A questa documentazione sono da aggiungere l'archivio notarile (ad un parziale versamento originario di atti, compresi tra i secc. XIII-XVI, è seguito ultimamente il versamento di tutti i protocolli e le bozze di atti notarili fino al 1870), le ricchissime raccolte degli archivi gentilizi e privati, e le raccolte speciali, che comprendono la documentazione di congregazioni religiose cittadine e del territorio, confraternite, spedali ecc. Cospicuo è infine il fondo dei manoscritti, che comprende 246 pezzi di notevolissima importanza storica, fra i quali la Cronaca di G. Sercambi. Se si escludono queste serie speciali di raccolte, alcune delle quali tuttavia trovano anche posto nel vol. IV degli Inventari di cui si fa parola qui appresso, il rimanente materiale che più direttamente è testimonianza scritta degli organi istituzionali di governo e della pubblica attività, conserva nelle sue linee l'ordinamento e le intitolazioni, quali vennero fissate nei quattro volumi di Inventari dell 'Archivio di Stato in Lucca, editi tra il 1872 ed il 1888 da Salvatore Bongi e che ancora oggi costituiscono la struttura portante e l'insostituibile strumento di ricerca per le fonti archivistiche nell'AS Lucca. Va detto però che le necessità redazionali della presente Guida generale, rivolte a conseguire una composizione delle singole " voci " il più possibile unitaria e senza scompensi, hanno imposto un adeguamento che non sempre ha consentito ii rigoroso rispetto delle scelte operate dal Bongi in materia di raggruppamenti e di intitolazioni. Apparirà evidente, ad esempio, una certa divergenza dal criterio che il Bongi aveva adottato nella redazione dei volumi III e IV degli Inventari, laddove egli tratta dei fondi documentari spettanti ad istituzioni attive dal 1805 al 1847, vale a dire dall'avvento del principato dei Baciocchi alla definitiva caduta di ogni regime che può considerarsi espressione della indipendenza politica di Lucca. Già solo apparentemente potrebbe sembrare discutibile la denominazione, con la quale il Bongi segnalò le carte pertinenti a questi anni, intitolandole in nome dello Stato di Lucca, mentre aveva inteso chiamare la documentazione dell'antecedente e molto più lungo periodo di governo a costituzione repubblicana come quella relativa al comune di Lucca. La verità è che la nomenclatura utilizzata dal Bongi trova rispondenza nell'uso e nella stessa intitolazione documentaria, e perciò non ha nulla di arbitrario. Del pari ci sembra sostanzialmente ineccepibile la giustificazione che il Bongi stesso adduce a sostegno del suo convincimento, quando dice che sarebbe cosa incoerente e sproporzionata il dividere in più sezioni le carte di quel periodo, a motivo delle due dinastie che ressero lo Stato [Inventario del R. Archivio di Stato in Lucca... cit. in bibl., III, pp. VI-VII: " Salvo le origini e gli umori diversi dei principi, fu grandissima somiglianza nelle due istituzioni e nelle forme del loro governo, tale che certi uffizi, e quindi certe qualità di carte formarono dei corpi che avrebbe bisognato spezzare, se si fosse adottata la divisione per dinastie; mentre invece l'ordinamento complessivo, modificato dalla suddivisione per serie, valeva a mostrare colla maggiore evidenza la storia delle singole istituzioni di quei giorni "] Ciò risulterebbe tanto più vero, qualora si considerasse la straordinaria quantità di provvedimenti legislativi e regolamentari, che continuamente intervennero a modificare dipartimenti, uffici, magistrature e le loro competenze, al punto che talune parti dei servizi amministrativi e giudiziari - e non dei meno importanti - " andarono soggetti, per così dire, ad un continuo pellegrinaggio dall'uno all'altro ministero ". Si capisce allora come i raggruppamenti di serie documentarie sotto rubriche, che nell'affinità delle materie trattate da ciascun ufficio trovano l'elemento di unificazione, costituiscono l'espediente per formare una graduazione di compenso, della cui convenzionalità il Bongi stesso era ben consapevole, ed assolvono alla funzione di sostenere la continuità operativa delle singole istituzioni. Appare chiaro che l'ordinamento archivistico, così come è stato condotto dal Bongi, poggia su di un preciso intento storiografico e su di una altrettanto chiara interpretazione storica: al di là dei mutamenti avvenuti nelle intitolazioni, la ratio che determinò l'assetto istituzionale sotto i governi dinastici baciocchiano e borbonico conserva una sua sostanziale e persistente unitarietà. Ogni altra proposta di modificare l'ordinamento dato alle carte, che di quelle istituzioni e di quello assetto sono testimonianza diretta e propria, non può trovare giustificazione, se non quando viene sorretta da una diversa prospettiva storiografica. Significativo perciò ci sembra il metodo che si intravvede adottato nell'indirizzo di fondo della Guida, e che assume a discriminante la periodizzazione che a Lucca viene a coincidere per singole dinastie, scorgendo nell'opera di governo di ciascuna di esse - insieme con la distinzione dei particolari regimi politici - implicazioni influenti sulla dinamica stessa del tessuto istituzionale preesistente. E' tutto presente il nocciolo di un fondamentale tema di metodologia archivistica, sulla definizione del quale e sui cui effetti ai fini della concreta applicazione avvertiamo il bisogno di più compiute e più circostanziate verifiche. Ora come ora, però, e di fronte alle necessità pratiche, bisogna prendere atto che qualsiasi ricerca su fonti lucchesi nell'AS di Lucca non può venire compiuta senza attraversare quei passaggi obbligati che sono gli Inventari bongiani. Ed in fondo, a nostro avviso, non sorge motivo di pregiudizio per la ricerca, in ispecie se vengono tenute nel debito conto le note introduttive, premesse da Bongi ad illustrazione ed a presentazione delle serie. Pure, si è voluto dare un segno di avere recepito l'istanza di una revisione alla metodologia bongiana; e a tal fine è sembrato conveniente adottare un criterio, che consenta di distribuire le serie documentarie secondo un modulo di periodizzazione politico-dinastico, ma che contemporaneamente non sconvolga la struttura archivistica attuale. Innanzi tutto sono stati eliminati i titoli delle rubriche, che raggruppano nel Bongi per affinità di materia la documentazione di più uffici. Nel caso di fondi che scavalcano di qualche anno la periodizzazione, ma senza che ciò implichi il cambiamento di denominazione dell'istituto o delle sue competenze, la menzione viene conservata nell'ambito del periodo di regime politico che registra la sua nascita; la citazione è completata dalla frase " con docc. fino al... ". Nel caso, invece, di uffici i quali sconfinano come attività e testimonianze documentarie nel periodo successivo, mutando nome ma conservando le competenze, il vecchio titolo viene affiancato dal nuovo e reca gli estremi cronologici delle carte. La denominazione più recente viene poi ripresa a suo luogo e qui un'altra annotazione rimanda al titolo più antico, dove si trovano riportati i dati cronologici, la consistenza documentaria e la didascalia illustrativa con le indicazioni dei provvedimenti legislativi che intervennero a modificare in qualche modo la preesistente natura istituzionale. Sarà bene non trascurare un elemento di rilievo: assai spesso registri e filze contengono legate o comunque unite nel medesimo pezzo archivistico le carte di quegli uffici che si succedettero l'uno all'altro e che, pur mutando titolo, conservarono, per lo più, affinità di materia trattata o somiglianza di competenze. In tale evenienza indicare all'interno di quale registro e a cominciare da quale carta del medesimo, o all'interno di quale filza e da quale carta in essa contenuta cessa la denominazione originaria dell'istituto e prende avvio la nuova, avrebbe imposto la revisione dell'intera opera del Bongi, e non solo della parte compresa nei limiti della documentazione baciocchiana e borbonica. Non sarebbe stata giustificata l'esclusione delle carte pertinenti al periodo repubblicano e agli anni di governo democratici tra il 1799 e l'avvento del principato nel 1805: vale a dire di tutto l'arco cronologico comprendente le serie archivistiche presenti nell'AS di Lucca! Pensiamo dunque che per il lettore sia sufficientemente orientativo l'insieme delle informazioni che troverà collegate ad ogni citazione di fondi: basterà integrarle con i dati degli Inventari del Bongi, che sono ordinati cronologicamente. Maggiore distinzione si è fatta, invece, sulla documentazione dei governi democratici: oltre alla indicazione della esatta consistenza dei pezzi pertinenti a ciascun momento politico di quel tormentato periodo, sono state segnalate le serie documentarie di ogni fondo e la relativa consistenza. Spesso è occorso di menzionare tra gli antecedenti di un ufficio i frammenti di carte, che appartenevano all'operato di commissioni straordinarie e di durata temporanea, che poi a volte finivano con l'istituzionalizzarsi ed assumevano titolo, funzioni e competenze che non sempre né necessariamente ripetevano quelli in precedenza assunti in modo provvisorio. Anche per tali casi sarebbe stato d'obbligo distinguere rigorosamente le componenti documentarie e le rispettive consistenze, nonché segnalare in maniera più compiuta quanta parte ad esse è stata aggiunta per mere ragioni archivistiche in epoca non determinabile. Ma s'intende del pari che per raggiungere tale obiettivo sarebbe stato necessario effettuare la medesima revisione, che già abbiamo avuto modo di dichiarare sconsigliabile. Da ultimo va avvertito che documentazione pertinente il territorio lucchese, specie di corporazioni religiose, si può trovare anche in altri Archivi di Stato, in particolare in quelli di Firenze, Parma, Modena, Pisa e Massa; presso quest'ultimo istituto è conservata quasi per intero la documentazione della Garfagnana, il cui territorio passò dalla provincia di Massa-Carrara a quella di Lucca nel 1923.
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