Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

IV Centro siderurgico Italsider

Albero genealogico della Società Italsider, 1985 (Fondazione Ansaldo).

 
 

Nella seconda metà degli anni Cinquanta appare evidente il carattere irreversibile della crisi in cui versano i punti nevralgici della industria tarantina avviata alla fine del XIX secolo. Il ridimensionamento delle esigenze della flotta militare e la ristrutturazione che ha investito la cantieristica italiana nel Secondo dopoguerra impediscono infatti all’Arsenale e ai Cantieri Tosi di assorbire la grande quantità di manodopera in cerca di lavoro addensatasi nel capoluogo a causa del depauperamento dei territori circostanti e dei pesanti licenziamenti che hanno interessato i due stabilimenti e le piccole imprese navalmeccaniche complementari. L’imprenditorialità locale, stretta tra la mancanza di capitali e il basso profilo di rischio, appare incapace di avviare un processo di riconversione. In questo quadro, la decisione di costruire a Taranto un nuovo centro siderurgico nasce dall’esigenza politica della nuova dirigenza della Democrazia cristiana post-degasperiana di dare una risposta in termini di aumento di reddito e di occupazione al sottosviluppo meridionale. Essa inoltre si incrocia con l’approvazione nel 1957 della legge 634, che viene considerata uno strumento decisivo per attenuare, con un forte intervento a favore dell’industrializzazione, le temute conseguenze sulle regioni del Mezzogiorno del processo di integrazione dei mercati previsto dagli accordi del Mercato comune europeo.

 

Stabilimento Italsider di Taranto, anni Settanta (Fondazione Ansaldo).

 
 

Già nel 1956, per la prima volta, il comitato esecutivo Finsider è chiamato a considerare l’ipotesi della costruzione di un nuovo centro siderurgico sul mar Ionio: alle preoccupazioni politiche, l’Iri e la Finsider contrappongono valutazioni di natura tecnica che tengono conto in primo luogo dell’andamento del mercato siderurgico in Italia e nei Paesi Ceca. Tra il 1957 ed il 1959 si assiste quindi a un serrato confronto tra l’Iri e gli organi di Governo: a quest’ultimo, sull’onda del rapido acuirsi della crisi industriale e occupazionale tarantina, la decisione appare improcrastinabile, mentre l’ente di Stato ritiene inadeguate le caratteristiche industriali e di redditività del progetto. Pur nella consapevolezza dei nuovi e gravosi compiti a cui l’impresa pubblica è chiamata dalla legge per l’industrializzazione del Mezzogiorno, all’Iri si pensa che il rallentamento della domanda di acciaio, verificatosi tra il 1957 e la prima metà del 1959, imponga una dilazione alla realizzazione del nuovo impianto. Nel dicembre del 1958 il comitato tecnico-consultivo creato dal direttore centrale dell’Iri Leopoldo Medugno ribadisce queste posizioni, indicando tra il 1961 e il 1962 l’anno dell’eventuale avvio della costruzione del nuovo centro, e sottolinea invece l’opportunità di giungere subito a un potenziamento degli stabilimenti di Piombino, Bagnoli e Cornigliano, al fine di rendere la siderurgia italiana più competitiva.