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Arsenale militare marittimo Saint Bon

Il progetto di Bonaparte di costruire nella bella rada di Taranto, a metà strada tra lo stretto di Gibilterra e il Mediterraneo orientale, una attrezzata base navale che sostenesse la Francia nel contendere l’egemonia nel Mediterraneo alla Corona inglese fu ben presto travolto dagli esiti delle guerre napoleoniche. All’indomani dell’Unificazione italiana, le qualità geomorfologiche del golfo e la sua evidente posizione strategica vengono nuovamente sottolineate dal senatore tarantino Cataldo Nitti, che rilancia l’opportunità di potenziare un porto naturale capace di assumere rapidamente una rilevante importanza militare e commerciale. Nel 1864 si insedia la Commissione presieduta dal generale Valfré, che sceglie Taranto come sede del nuovo Arsenale e del secondo Dipartimento Marittimo del Regno, e incarica il capitano di fregata Simone Antonio Pecoret di Saint Bon di redigere un piano delle opere da realizzare. Nel 1868 il deputato Giuseppe Pisanelli, mentre la Camera discute del potenziamento dell’Arsenale di Venezia, presenta un ordine del giorno che impegna il Governo ad assegnare i fondi a Taranto: è l’inizio di una battaglia politica e parlamentare che si conclude solo nel giugno del 1882, con l’approvazione della legge che individuava la città ionica come sede per l’Arsenale. Vengono stanziati 9 milioni per la sua costruzione, che inizia contemporaneamente ai lavori di scavo per il nuovo canale navigabile di accesso e per il ponte girevole. Quest’ultimo, terminato nel 1887, collega il borgo alla città nuova e permette il passaggio alle grandi navi, ispirandosi ai progetti già realizzati a Brest e Marsiglia.
 
Il 21 agosto del 1889 re Umberto I inaugura il nuovo Arsenale, opera imponente che occupa una vasta area in cui, oltre agli edifici destinati all’amministrazione militare, sono presenti la rete ferroviaria e quella elettrica, un acquedotto indipendente dalla città, quattro bacini, due scali e una gru da 160 tonnellate. È evidente che la decisione di costruire un arsenale nel sud del Paese si inserisce nel quadro dei nuovi orientamenti di politica estera che vanno maturando nei primi anni ottanta e che prevedono un consistente aumento delle spese militari, insieme al potenziamento dell’industria navale e di quella metalmeccanica. Infatti il rilancio della presenza dell’Italia sullo scacchiere internazionale, in particolare su quello mediterraneo, comporta la necessità di nuove basi navali e di una flotta militare, di cui nel 1887 viene finanziato l’ampliamento e il rafforzamento. Con la costruzione dell’Arsenale l’apparato produttivo locale subisce un processo di profonda trasformazione: viene sostanzialmente ricostruito intorno a una monocultura industriale di proprietà dello Stato e gestita dagli alti gradi della Marina Militare che produrrà, in controtendenza con altre città del Mezzogiorno, un’accelerata industrializzazione e una rapida modernizzazione. L’esito sarà tuttavia un modello di sviluppo che mantiene all’esterno delle dinamiche del territorio le ragioni della sua crescita o del suo declino.
Dal momento della sua inaugurazione l’Arsenale lavora a pieno ritmo per rispondere alle necessità della politica estera espansionistica che l’Italia conduce come partner della Triplice Alleanza. Il varo, nel settembre 1898, dell’incrociatore Puglia, interamente costruito nei cantieri tarantini che occupano circa 1500 operai, coincide tuttavia con la crisi della politica coloniale sul Mar Rosso e in Africa Orientale in seguito alla sconfitta di Adua. Con la caduta di Crispi la produzione si deve limitare alla riparazione e al raddobbo delle navi, con un sensibile ridimensionamento dei progetti di sviluppo e di occupazione. Nuove prospettive di crescita si aprono invece nel 1910-1911 con l’avvicinarsi della guerra di Libia. La Marina Militare stanzia infatti 12 milioni di lire per l’allestimento di nuove officine, per allargare il pontile di approdo sul Mar Piccolo e per nuove opere di fortificazione attraverso la costruzione di dighe subacquee in Mar Grande, per impedire il passaggio delle navi all’altezza di Capo S. Vito. Dopo la caduta di Tripoli si procede rapidamente all’allestimento delle navi Saint Bon, Ferruccio, Marco Polo, Minerva, Governolo e di alcune torpediniere.