Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Lenci

Bozzetto preparatorio di una bambola Lenci realizzato da Marcello Dudovich, Torino anni '20 (Archivio storico del Comune di Torino, Fondo Lenci spa).

 
 

a cura di Pier Luigi Bassignana

(scheda redatta nell'ambito del progetto Censimento degli archivi d'impresa in Piemonte)
 
      Quella della Lenci è una storia tipicamente torinese, che si snoda interamente tra via Marco Polo e via Cassini: ossia, la Crocetta, uno dei quartieri più “torinesi” di Torino. Ma, al tempo stesso, è la storia di un nome e di un marchio conosciuti in tutto il mondo. Nel periodo fra le due guerre poche altre aziende italiane hanno raggiunto un analogo livello di notorietà. I prodotti della Lenci erano conosciuti e apprezzati a New York come a Londra, a Bombay come a Lisbona, a Budapest come a Toronto. Bambole, ma non solo; anche camerette per bambini e accessori per signora, elementi d’arredo per la casa e animaletti di pezza, arazzi e teli batik. Il che corrispondeva perfettamente alle intenzioni dei fondatori, i quali nell’atto costitutivo dell’azienda avevano minuziosamente precisato che era loro intenzione produrre «giocattoli, bambole, pupazzi, confezioni, articoli di vestiario, decorazioni per vestiti, scialli, cuscini, cappelli, scarpe, pantofole, cinture, articoli di moda e di fantasia, chincaglieria, tende, mobili in legno dorato, arredamenti per la casa…» e l’elenco continuava ancora. Insomma, il marchio Lenci intendeva evocare un intero mondo, che aveva come elemento unificante il «pannolenci»: una varietà di panno, specialità della Casa, che consentiva impieghi altrimenti impensabili con quello tradizionale. Personaggi principali, due giovani coniugi, Elena König ed Enrico Scavini: giovane signora con velleità artistiche, lei; agente di commercio, lui. Almeno all’inizio, ci appaiono come protagonisti involontari della storia. Già, perché il caso ha avuto un ruolo importante in tutta la vicenda, che origina non da una precisa volontà dei coniugi di dar vita a un’attività imprenditoriale, ma da un evento imprevisto quanto doloroso: la morte improvvisa di una figlioletta, colpita da una forma particolarmente aggressiva di febbre spagnola, il morbo che all’indomani della prima guerra mondiale mieté milioni di vittime.
 

Copertina del primo catalogo delle bambole Lenci, Torino 1921 (Archivio storico del Comune di Torino, Fondo Lenci spa).

 
 

    Secondo la testimonianza della stessa protagonista, fu infatti per cercare di reagire alla depressione in cui era caduta per la morte della figlia che Elena König si mise a confezionare bambole di pezza, come quelle che era solita realizzare da bambina per suo diletto. Nelle intenzioni, e ancor più nell’immaginazione della protagonista, queste bambole avrebbero dovuto pervenire alla piccola morta per rallegrarle l’esistenza nell’aldilà. Nella realtà, invece, andavano ad accumularsi le une sulle altre in qualche armadio. E lì sarebbero rimaste per sempre, avvolte dall’oscurità, se una sera, durante una cena con amici, il padrone di casa non avesse accennato all’abilità della moglie nel costruire bambole, mostrandone anche alcuni esemplari. Fra i commensali era presente un italo-americano, titolare a New York di una società di import-export, che colse immediatamente il valore commerciale dei pupazzi che Elena König confezionava con tanta abilità e chiese pertanto che gli venissero consegnati tutti, dichiarandosi certo di poterli collocare facilmente sul mercato americano. Mai profezia fu più azzeccata. A pochi giorni dalla partenza dall’Italia, un telegramma informava che tutte le bambole erano già state vendute sul piroscafo che le portava negli Stati Uniti; se ne richiedevano pertanto altre con urgenza. Il dado era tratto.