Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Bormioli

Diversificando la produzione
La fine degli anni Sessanta, con l’inasprimento della conflittualità sindacale, rallenta notevolmente lo sviluppo dell’impresa. Ma gli anni più duri sono quelli successivi agli shock petroliferi. Nel 1975 la società registra un drammatico calo delle commesse, al quale non riesce a contrapporre nell’immediato una riduzione proporzionale della produzione, generando un forte aumento delle giacenze con conseguente immobilizzo di ingenti capitali. La contrazione della liquidità obbliga l’impresa a ricorrere in misura maggiore al credito, con un notevole aumento degli oneri finanziari – ascesi da 719 miliardi di lire nel 1974 a 1.335 nel 1975 –, mentre il costo del lavoro, che costituisce il 35% degli oneri complessivi, continua ad aumentare (+24% nel 1975 e +15% nel 1976).
La Bormioli, per frenare questa spirale e per limitare le pressioni rivendicative dei sindacati, pone in atto una ristrutturazione dei reparti a maggiore intensità di lavoro. Uno degli strumenti fondamentali del riassetto è la delocalizzazione di alcune fasi produttive. Pier Luigi Bormioli incoraggia infatti la costituzione di una schiera di contoterzisti che si occupano della cosiddetta “seconda lavorazione”: decorazione, scelta, confezionamento e imballaggio. Molti dei lavoratori impiegati in queste piccole ditte sono anche operai della società che svolgono un secondo lavoro in nero. La congiuntura, però, è destinata a peggiorare fra il 1979 e il 1982 a causa dell’aumento del prezzo delle materie prime, dell’elevato costo del lavoro e, infine, della consistente flessione della domanda determinata dalla crescente tendenza all’utilizzo di contenitori alternativi al vetro, in particolare nei settori farmaceutico e delle bevande non alcoliche. Per uscire dalla crisi, Pier Luigi Bormioli elabora una strategia incentrata su tre linee direttrici: ristrutturazione dell’azienda, riduzione del costo del lavoro e aumento della flessibilità, diversificazione della produzione. Nel 1980 l’impresa viene modellata in una nuova struttura a gruppo, scorporando le attività industriali da quelle più propriamente finanziarie.

 

Con la seconda lavorazione
È costituita una holding, la Vetreria Bormioli Rocco e figlio spa, allo scopo di gestire le partecipazioni nelle varie società controllate (otto) e partecipate (cinque). La razionalizzazione degli impianti, in particolare della “seconda lavorazione” e del “fine linea”, nonché l’introduzione dei sistemi informatici, inducono anche una riduzione degli organici. Dapprima si fa ampio ricorso alla cassa integrazione guadagni, successivamente l’azienda incentiva il prepensionamento dei dipendenti più anziani e il part time. Sul versante produttivo, la Bormioli opera una costante diversificazione, entrando nel settore degli articoli casalinghi (22% della produzione nel 1991) e dei contenitori di plastica. Contemporaneamente è sospinta la ricerca tesa al perfezionamento qualitativo ed estetico dei prodotti per la farmaceutica (l’azienda diventa leader nel settore dei vetri speciali neutri per iniettabili) e per la profumeria e la cosmetica. La diversificazione viene realizzata anche assorbendo altre industrie nel gruppo. Vengono inoltre rinnovate le strutture commerciali, in particolare quelle all’estero (nel 1989 l’export è pari al 30% del fatturato). Complessivamente, fra il 1975 e il 1984, vengono investiti oltre 160 miliardi di lire per la ristrutturazione dell’impresa (120 miliardi fra il 1980 e il 1984), ai quali si aggiungono altri 150 miliardi nel biennio 1989-1991. Nella seconda metà degli anni Ottanta la Bormioli torna a crescere, passando da un fatturato di 203 miliardi di lire nel 1982 (era di 72 nel 1979) a uno di 600 miliardi nel 1992.