Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

Olivetti: l'industria come comunità

Case per i dipendenti Olivetti a Pozzuoli, anni Cinquanta (Archivio storico Olivetti).

 
 

In Italia, all’avanguardia
La crescita e la profittabilità aziendale erano viste come precondizione per l’espletamento delle funzioni propulsive dell’impresa in campo sociale e culturale. L’incremento delle vendite dei nuovi prodotti di successo portò alla costruzione di nuovi impianti produttivi nell’eporediese ad Agliè (1955), San Bernardo di Ivrea (1956), Caluso (1957), cui si aggiunse l’inaugurazione, nel 1955, dello stabilimento di Pozzuoli, realizzato sia nell’ottica dell’industrializzazione del Mezzogiorno, sia per contrastare l’insediamento della concorrente Remington.
Mentre si rafforzava il processo di internazionalizzazione, con consociate in Messico, Africa, Australia, Stati Uniti, e impianti produttivi in Spagna, Argentina, Brasile, prese avvio l’avventura nell’elettronica, con le prime ricerche avviate negli Stati Uniti nel 1952 sotto la supervisione di Dino Olivetti, e la costituzione a Pisa, nel 1955, di un gruppo di ricerca, diretto dall’ingegnere Mario Tchou, con l’obiettivo di sviluppare un calcolatore elettronico per applicazioni commerciali. Nel 1959 venne presentato l’Elea 9003, il primo calcolatore elettronico realizzato in Italia, che presentava soluzioni d’avanguardia.
L’impegno nell’elettronica si accompagnò alla decisione, piuttosto arrischiata, di acquisire la Underwood, una storica impresa statunitense di macchine per scrivere di oltre 10.000 dipendenti caduta in difficoltà, a suo tempo visitata da Camillo Olivetti, nel 1908, quando già produceva 70.000 macchine l’anno. L’acquisizione della Underwood, realizzata tra il 1959 e il 1963, anno in cui la partecipazione della Olivetti salì al 91%, fu salutata come simbolo del riscatto dell’Italia, che solo dieci anni prima aveva potuto iniziare a risollevarsi grazie agli aiuti americani del Piano Marshall. Ebbe persino il sapore della rivincita per Adriano Olivetti, che nel 1925, nel corso del suo viaggio negli Stati Uniti, aveva atteso inutilmente il permesso di visitare gli stabilimenti della Underwood ad Hartford. L’obiettivo di conquistare una più solida presenza sul mercato americano grazie alla vasta rete commerciale e al marchio prestigioso della Underwood si rivelò però irto di difficoltà, date le condizioni assai precarie dei suoi impianti produttivi e ai larghi buchi nelle pieghe dei bilanci, destinati a venire alla luce poco alla volta.

 

Marcianise e Harrisburg
Le difficoltà furono aggravate dalla improvvisa scomparsa, nel 1960, di Adriano Olivetti, che aprì un vuoto nella leadership aziendale per il venir meno di una figura carismatica. Nel 1964 fu costituito un “gruppo di intervento” che entrò nel capitale Olivetti a fronte delle difficili condizioni finanziarie: formato da Fiat, Pirelli, Mediobanca, Imi e La Centrale, con la Presidenza affidata a Bruno Visentini, e Aurelio Peccei nel ruolo di Amministratore delegato, il gruppo decise una ristrutturazione nell’ambito della quale la Divisione elettronica (costituita nel 1962 sotto la guida di Roberto Olivetti, figlio di Adriano) fu venduta alla General Electric: l’Olivetti mantenne una partecipazione del 25%, ceduta per intero nel 1968.
La cessione della Divisione elettronica segnò l’uscita della Olivetti dal campo dei medi e grandi calcolatori. Restò però attiva nella progettazione e produzione di terminali e piccoli sistemi, grazie anche all’iniziativa dell’ingegner Pier Giorgio Perotto, che dal 1962 lavorava a una piccola macchina di elaborazione dati, simile nella concezione a quello che sarebbe stato il personal computer. Il gruppo di Perotto si sottrasse all’inglobamento in General Electric e nel 1964 portò a compimento il proprio Programma 101: ribattezzata Perottina, la macchina fu presentata nel 1965 e venduta l’anno successivo in 40.000 esemplari negli Stati Uniti.
Proseguì intanto l’espansione della Olivetti, che nel 1970, con l’apertura degli impianti di Marcianise e Harrisburg (USA), arrivò a contare 21 stabilimenti a livello mondiale, di cui 11 in Italia, mentre i dipendenti, dai 16.000 del 1955 (di cui 11.000 in Italia) salirono a 73.000 (di cui 35.000 in Italia), mentre si affacciava, negli anni Settanta, la sfida del passaggio dalla meccanica all’elettronica.

Risorse bibliografiche
B. Caizzi, Camillo e Adriano Olivetti, Torino, Utet, 1962; G. Berta, Le idee al potere. Adriano Olivetti e il progetto comunitario tra fabbrica e territorio sullo sfondo della società italiana del “miracolo economico”, Milano, Edizioni di Comunità, 1980; Uomini e lavoro alla Olivetti (a cura di F. Novara, R. Rozzi, R. Garruccio), Milano, Bruno Mondadori, 2005; S. Musso, La partecipazione nell’impresa responsabile. Storia del Consiglio di Gestione Olivetti, Bologna, Il Mulino, 2009.