Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

LAURO, Achille

Piano di Sorrento (Napoli), 16 giugno 1887 - Napoli, 15 novembre 1982

Il padre Gioacchino, armatore di velieri di grandi dimensioni, era stato anche il promotore e principale azionista della Società di navigazione a vapore della penisola Sorrentina, costituita nel 1902 per far concorrenza alla Società napoletana di navigazione a vapore, la concessionaria governativa per i servizi postali e monopolista nella navigazione interna al golfo di Napoli.
Il giovane Lauro si diploma capitano alla scuola navale Nino Bixio della città natale nel 1906, quando le sorti delle imprese del padre attraversano un momento difficile: nel 1905 la società di navigazione sorrentina era stata messa in liquidazione; inoltre, se ancora la navigazione a vela consentiva profitti agli equipaggi sorrentini, era al prezzo di condizioni di carico e rotte sempre più pericolose: due zii e i due fratelli maggiori di Lauro erano infatti scomparsi in mare, affondati assieme ai loro bastimenti. Pertanto, alla morte del padre, nel 1910, a soli 23 anni si trova da solo a gestire l'attività imprenditoriale, in perdita, della famiglia.
Continua a navigare fino al 1920 come capitano di navi a vela, con la sola interruzione del servizio militare durante la guerra; comincia intanto ad armare velieri e piroscafi, ricavandone utili che gli consentono di ripianare le passività lasciate dal padre. In questi anni acquista una formidabile esperienza degli scali marittimi oceanici e mediterranei.
Nel 1922 decide di dare una svolta alla sua attività e di puntare sulla navigazione a vapore di grosso tonnellaggio: acquista all’asta un piroscafo americano di 5.000 tonnellate, il Lloyd, che, ribattezzato Iris, costituisce la prima unità della Flotta Lauro. Dopo la guerra i noli avevano subito un crollo vistoso; nonostante ciò, i primi viaggi dell’Iris sulle rotte oceaniche danno risultati positivi. Lauro mostra infatti di possedere una profonda conoscenza dei porti, dei circuiti commerciali e delle caratteristiche delle merci, ciò che gli permette di combinare rotte e carichi in modo da sfruttare al massimo le potenzialità del piroscafo e non navigare mai a stive vuote: sulle rotte continentali la nave trasporta grano dai porti del Mar Nero a quelli del Nord Europa, poi fa tappa in Gran Bretagna per imbarcare carbone destinato all'Italia; lo stesso sistema per ridurre l'incidenza dei costi viene realizzato nel passaggio del canale di Suez, con un ciclo continuo di operazioni di carico e scarico sulla rotta che dall'Europa arriva all'Indocina, passando per l'Africa orientale e l'India.
In una congiuntura difficile per le altre compagnie, segnate da fallimenti e disarmo, la sua attività si espande, e arriva ad affiancare alla prima ben sei grandi unità di recente costruzione (ognuna di circa 10.000 tonnellate), ricevute in comodato dai Florio e dai Peirce.
 

Nel 1932 (quando i noli marittimi toccano il minimo storico) l'impresa di Lauro, in controtendenza, offre a prezzi bassi i servizi di trasporto, riuscendo ad assorbire via via quote di traffico lasciate scoperte dalle più antiche e prestigiose compagnie private di navigazione in difficoltà; perciò, quando i noli ricominciano a salire e dell’armamento privato nazionale sono rimasti come concorrenti solo le imprese Costa e Fassio, la Flotta Lauro spicca nel panorama italiano con 29 navi, che superano complessivamente le 200.000 tonnellate di stazza.

La strategia imprenditoriale attuata da Lauro negli anni Venti, nel periodo di maggior crisi del settore, prevede il coinvolgimento, anche finanziario, di ufficiali di marina rimasti disoccupati a causa della lunga depressione postbellica; per acquistare e armare i suoi vapori offre un imbarco sicuro a chi è disposto a investire nell’impresa, intestando in cambio alcuni carati della nave, in modo da realizzare una compartecipazione di tutto l'equipaggio. L'armatore si trova poi ad amministrare gli utili reinvestiti: punta quindi al continuo ampliamento della flotta attraverso l'acquisto di navi, spesso vecchie, ma ancora in grado di dare profitti.
 
Iscritto dal 1933 al Partito nazionale fascista, negli anni Trenta Lauro sfrutta le opportunità offerte dall'azione economica dello Stato, che va acquistando un ruolo decisivo anche nel settore marittimo attraverso la Finmare, la finanziaria dell’IRI costituita nel 1936, sotto il cui controllo vengono riunite le compagnie di navigazione di “preminente interesse nazionale” (Italia, Lloyd Triestino, Adriatica e Tirrenia). Nel quadro della politica di espansione nel Mediterraneo e di conquista dell’Etiopia, Napoli emerge allora con il ruolo di “porto dell’Impero”, offrendo alla flotta Lauro nuove occasioni di profitto per l’appoggio logistico che le sue navi danno all’impresa militare: grazie ai buoni rapporti con le alte gerarchie fasciste l'armatore ottiene infatti concessioni di trasporto in regime di monopolio, nonché l'esclusiva del servizio passeggeri per l'Africa Orientale.

Il peggioramento delle relazioni politiche dell’Italia fascista con la Gran Bretagna è al contrario fonte di preoccupazione, perché proprio sulla piazza di Londra l'armatore trova gli ingaggi per le navi e importanti sostegni finanziari alle proprie iniziative imprenditoriali: ancora nel 1938 ottiene dalle banche inglesi il credito per ultimare le grandi motocisterne denominate Fede e Lavoro, unico tra gli armatori italiani ad avviare un programma di nuove costruzioni nei cantieri nazionali.

Nel 1939 è il primo presidente del Sindacato Armatori dell'Italia meridionale e delle Isole; nello stesso periodo entra nella giunta della Federazione nazionale armatori, dove siede alla pari con i grandi concorrenti settentrionali. Alla vigilia della guerra dispone di una flotta di 57 navi (circa 300.000 tonnellate, pari all’8,8% dell’intera flotta mercantile italiana), e viene nominato consigliere nazionale della Camera dei fasci e delle corporazioni; a livello locale la sua popolarità è ormai consolidata: dal 1933 detiene la proprietà della Società Calcio Napoli, acquistata in seguito alle pressioni dei gerarchi locali per evitarne il fallimento; all'inizio del 1942 ottiene infine l'appoggio diretto di Mussolini per acquisire a metà con il Banco di Napoli la Società Editrice Napoletana (Sen), proprietaria dei tre più diffusi quotidiani cittadini («Il Mattino», «Il Roma» e «Il Corriere di Napoli»). Nel dopoguerra manterrà la proprietà esclusiva e la gestione del «Roma».