Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

GRONDONA, Felice

Salone espositivo della Società Grondona Benedetto & figlio a Milano, illustrazione di Antonio Bonamore, 1870 ca.

 
 

Milano, 4 settembre 1821 - Lesmo (MB), 21 agosto 1902

Il padre, Benedetto, sellaio, dal 1814 aveva avviato con successo la costruzione di carrozze in un piccolo opificio annesso all’abitazione nell’animato quartiere di porta Ticinese a Milano. Dopo le scuole primarie Grondona frequenta un corso destinato alla formazione del “perfetto negoziante” nel quale gli allievi apprendono materie quali statistica, diritto cambiario e ragioneria.
Terminati gli studi, nel 1837 inizia a fare pratica in una ditta milanese attiva nel commercio di banca e seta, la Carmagnola, Maggi e Warchez. Quattro anni più tardi l’improvvisa morte del fratello Luigi lo costringe ad abbandonare la carriera commerciale e a entrare nella ditta paterna. Tale decisione non rescinde i legami con il “ceto commerciante” allacciati nella precedente attività. Nel 1843, a conferma di una condizione di relativa agiatezza, Felice sposa Matilde Noseda, discendente da una solida famiglia di negozianti, il cui sostegno si sarebbe rivelato prezioso per lo sviluppo della sua attività industriale.
A partire dalla seconda metà degli anni Trenta del XIX secolo, nel Lombardo-Veneto, come in altri Stati italiani, si discute di strade ferrate: si elaborano progetti, nascono le prime società per azioni, si investono capitali in avventurose speculazioni, e finalmente, dopo molte parole, si dà avvio alla costruzione dei primi tronchi di ferrovia. Mentre l’attenzione del Governo e della pubblica opinione si concentra sulla linea Milano-Venezia, nel 1840 viene inaugurata la strada ferrata tra Milano e Monza. È un inizio in tono minore, ma sufficiente a far nascere in Grondona l’idea di cimentarsi nella costruzione di vagoni e carri ferroviari. Il progetto si concretizza qualche anno più tardi con la costruzione dei primi vagoni all’americana di II e III classe per la società della Milano-Como e con la consegna di 26 vagoni a 72 posti, oltre ai carri merci, alla I.R. Strada Ferrata Ferdinandea.

 

Grazie alla tenacia
La vecchia sede dell’attività di famiglia, dove intanto prosegue la costruzione delle carrozze, si rivela ben presto inadeguata alle nuove necessità. Pertanto nel novembre 1846, Benedetto Grondona, che solo nel 1849 porrà in ditta anche il nome del figlio, in società con altri due fabbricanti di carrozze, Luigi Boncinelli e Giovanni Clerici, acquista un terreno lungo il naviglio della Martesana, non distante dalla stazione ferroviaria della Milano-Como, per costruirvi uno stabilimento dedicato alla «fabbricazione di vagoni di strade ferrate, carrozze, ed altri generi delle loro produzioni». L’impresa, con i suoi 160 operai, si stacca nettamente dai molti laboratori presenti all’interno delle mura cittadine, sia per le dimensioni, sia per l’organizzazione interna.
Le favorevoli aspettative che avevano indotto i tre soci a tentare la strada dell’industria alla prova dei fatti si rivelano illusorie. I primi esercizi sociali sono assai problematici e arrivano a mettere in forse la tenuta stessa della ditta, che sopravvive grazie alla tenacia del giovane Grondona, divenuto nel frattempo unico proprietario, e a un prestito di 60.000 lire da parte del cognato Giovanni Noseda. Nel 1856, reduce da un viaggio di studio in Francia, dove visita gli impianti di alcuni dei maggiori costruttori di materiale ferroviario, Grondona conclude un contratto con la Società delle Strade ferrate lombardo-venete e dell’Italia centrale per la fornitura di vagoni. Decide quindi che è giunto il momento di dare un assetto più stabile alla sua azienda e nel maggio 1857 costituisce la Grondona, Miani e Zambelli, con un capitale di 40.000 lire, per oltre due terzi sottoscritto da Zambelli, a cui viene assegnata la direzione amministrativa della società, mentre quelle tecnica e commerciale sono delegate rispettivamente a Miani e Grondona.
L’inizio della guerra del 1859 si rivela propizio per l’azienda, che entra in rapporto con l’amministrazione militare, alla quale, dal 1860 al 1866, fornisce affusti per cannoni, cucine da campo, carri ambulanza, e carriaggi da munizione.
Questo allevia solo in parte il problema strutturale di una domanda molto fluttuante, data anche la tendenza della Società delle Ferrovie dell’Alta Italia a privilegiare i fornitori esteri rispetto a quelli italiani. La discontinuità delle commesse si rifletteva sulla conduzione aziendale, impedendo a Grondona di sviluppare una strategia di crescita fondata sui grandi volumi e sulla specializzazione del lavoro.