Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

NECCHI, VITTORIO

Il modello "LOGICA", macchina per cucire elettronica Necchi, nata nel 1980 (Archivio fotografico Agostino Faravelli)

 
 

A questa affermazione contribuisce anche l’opera di Leon Jolson, figlio di un agente di Necchi a Varsavia, di origini ebraiche, rifugiato negli Stati Uniti per sfuggire alle persecuzioni naziste prima della seconda guerra mondiale. Terminato il conflitto Necchi gli affida la rappresentanza dell’impresa a New York e l’estensione della rete di vendita in tutto il paese. La produzione Necchi nel corso del 1948 raggiunge le 75.118 macchine per cucire; di queste, grazie anche alle difficoltà delle aziende tedesche del comparto, circa il 67,24% prende la via dell’esportazione: verso l’Argentina (35,50%), gli Stati Uniti (13,33%), il Belgio (5,67%), e una quindicina di altri paesi. Nel corso degli anni Cinquanta il ricco mercato statunitense assume però sempre maggiore rilevanza, anche in conseguenza delle protezioni doganali messe in atto nei mercati sudamericani negli anni 1949-1950.
Nel 1948, in seguito alla morte di Cerri, Necchi assume come nuovo direttore tecnico Gino Martinoli, manager che per più di un decennio aveva ricoperto il medesimo incarico alla Olivetti di Ivrea e aveva poi lavorato per qualche anno nel settore meccanico dell’Iri: l’imprenditore pavese gli attribuisce proprio il compito di gestire le nuove sfide poste dalla strategia di penetrazione dei mercati internazionali.
L’imprenditore pavese sostiene quindi il progetto di ristrutturazione proposto da Martinoli, che prevede l’aumento della manodopera (800 nuovi dipendenti, coi quali gli occupati alla Necchi arrivano a 2.034), e un recupero della produttività attraverso la riorganizzazione dell’intero processo produttivo: viene abbandonato l’edificio a più piani in cui si svolgevano in precedenza le lavorazioni e viene destinata una nuova sezione di stabilimento, il capannone “F”, allo svolgimento in linea del flusso produttivo, dall’ingresso delle materie prime e dei semi-lavorati fino all’assemblaggio finale, con l’adozione della catena di montaggio.
 
 

L'importante complesso industriale Vittorio Necchi nella sua estensione finale, Pavia 1975 ca (Archivio fotografico Agostino Faravelli)

 
 
La riorganizzazione comporta l’aggiornamento tecnologico con l’acquisto di nuovi macchinari, realizzato attraverso un ingente piano di finanziamento e l’aiuto economico che Necchi ottiene nell’ambito del Piano Marshall, ma anche il ripensamento della struttura aziendale e del suo coordinamento, parallelamente a nuove procedure di progettazione delle macchine per cucire, disegnate con maggiore attenzione agli aspetti estetici e funzionali. La collaborazione con il famoso designer Marcello Nizzoli, che Martinoli aveva conosciuto anni prima alla Olivetti, portano alla Necchi il premio Compasso d’oro per il design nel 1954, con la serie BU (Bobina Universale Supernova) e poi ancora nel 1957, con la serie Mirella.
Al termine del processo di ristrutturazione, alla metà degli anni Cinquanta, a fronte di un aumento della manodopera che raggiunge i 4.500 occupati, il numero di ore impiegate per produrre una macchina per cucire si è ridotto di più di un terzo, garantendo alla Necchi il predominio sul mercato nazionale (di cui detiene, insieme a Singer e Vigorelli, circa il 90%) e su quello dell’export, dove la quota delle macchine Necchi è pari al 74% del totale esportato.
In questi anni di splendore dell’impresa pavese si comincia già a intravedere qualche segno di declino: le statistiche dell’epoca indicano infatti come, a fronte di una produzione di svariate centinaia di unità da parte dell’intero comparto, il mercato italiano sia ormai prossimo alla saturazione, mentre sui mercati esteri di lì a poco avrebbe cominciato a farsi sentire la concorrenza di nuovi produttori internazionali, primi tra tutti quelli giapponesi.
Necchi si oppone però alla prospettiva di una diversificazione, sostenuta dal management: la scelta dell’imprenditore è quella di non impegnarsi in nuove produzioni ancora per alcuni anni, fino a che la decisione si mostra obbligata. Nel corso del 1959 deve infine concludere un accordo con la americana Kelvinator per produrre su licenza compressori per frigoriferi, una soluzione di compromesso che permette all’azienda di aprirsi un altro mercato di sbocco, per il quale possiede le competenze tecniche necessarie, senza rinunciare alla sua storica produzione di macchine per cucire. Negli anni seguenti emergono problemi sul versante dei costi di produzione dei compressori, mentre il mercato delle macchine per cucire appare in continua regressione; l’impresa imbocca la strada di un forte indebitamento, cui lo stesso Necchi cerca di porre rimedio mettendo in gioco il suo patrimonio personale.
Nel 1974, nel tentativo di risollevare le sorti dell’azienda, l’imprenditore contatta Giuseppe Luraghi, manager che ha alle spalle una pluriennale esperienza nel settore meccanico, privato e pubblico, ma non si concretizza alcun piano di rilancio perché Necchi muore alla fine del 1975, senza lasciare una discendenza diretta.
 
FONTI E BIBLIOGRAFIA: per la bibliografia, molto frammentaria, si rimanda alla voce sulla famiglia dell'imprenditore, F. Lavista, Necchi, in DBI, vol. 78, 2013.