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Archivi d'impresa

MARZOTTO, Gaetano junior

La “Città sociale” di Gaetano Marzotto iunior
Fra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta si consolida nei suoi contorni definitivi anche la politica sociale di Gaetano Marzotto iunior, che rappresenta una delle più compiute esperienze di welfare aziendale nella storia italiana. Erede di una tradizione di relazione industriali e di gestione personale improntata alla cooperazione e al paternalismo imprenditoriale, le cui origini risalivano al nonno Gaetano senior, Marzotto investe cospicue risorse finanziarie nella realizzazione della “Città sociale”, un complesso urbano costruito a Valdagno negli anni fra il 1927 e il 1937 e che arriva a contare oltre un migliaio di alloggi per le diverse categorie di dipendenti – appartamenti, case a schiera, ville unifamiliari – e un insieme organico di istituzioni assistenziali e ricreative: un ospedale poliambulatorio, una casa di riposo, scuole, un cinematografo, un teatro da 1800 posti, impianti sportivi e palestre, alberghi e complessi commerciali.
Il progetto della Città sociale, replicato negli anni successivi nei pressi dello stabilimento di Manerbio, non è finalizzato solo a migliorare la qualità della vita dei lavoratori, ma anche a spingerli ad aderire al processo di ristrutturazione e meccanizzazione della produzione, ispirato ai principi dell’organizzazione scientifica del lavoro che viene portato a termine nel corso degli anni Trenta. L’espansione del welfare aziendale ha in quest’ottica anche la funzione di compensazione per il disagio derivante alle maestranze operaie, abituate fino ad allora ad autogestire i propri ritmi di lavoro, dal superamento degli assetti tradizionali del lavoro di fabbrica.
 

Il prestigio acquisito in qualità di filantropo, nonché di principale industriale laniero del Paese, è attestato dalla nomina a Cavaliere del Lavoro nel 1930, conseguita a soli trentasei anni a riconoscimento della sua capacità di innovatore. Si tratta solo di una delle tante onorificenze concessegli dal regime, con il quale pure ha un rapporto difficile e complesso. Fortemente critico nei confronti delle politiche economiche del regime, che nel corso degli anni Trenta virano con sempre maggiore decisione verso il protezionismo e l’autarchia, particolarmente svantaggiosi per un’azienda come la Marzotto fortemente dipendente dai mercati internazionali per l’approvvigionamento delle materie prime e le vendite dei propri prodotti, egli è tuttavia uno dei pochissimi imprenditori italiani a investire somme ingenti nello sviluppo economico delle colonie italiane, in particolare nell’avviamento di aziende agricole in Cirenaica, Tripolitania e Africa orientale; iniziative per le quali gli verrà conferito nel 1939, su sollecitazione diretta di Mussoli, il titolo di conte di Valdagno.

Il dopoguerra e gli anni Cinquanta: ristrutturazione aziendale e diversificazione produttiva
Dopo una ripresa guidata dalle esportazioni nell’immediato dopoguerra, a partire dal 1948 il gruppo Marzotto comincia ad incontrare crescenti difficoltà a causa della domanda stagnante. L’apertura del mercato interno in seguito alla liberalizzazione degli scambi internazionali e la scarsa competitività dell’industria italiana, rimasta tecnologicamente arretrata rispetto ai concorrenti europei ed americani, impongono alle imprese nazionali difficili processi di riorganizzazione e di ridimensionamento degli organici, mentre la comparsa sul mercato delle nuove fibre sintetiche e la diffusione di nuovi stili di vita e di abbigliamento contribuiscono a spingere la produzione industriale della lana in una condizione di sostanziale stagnazione.
Le mutate condizioni del mercato laniero vengono affrontate nel corso degli anni Cinquanta con una ristrutturazione imperniata su tre linee guida: riduzioni del personale, consolidamento della struttura finanziaria, con l’emissione di un prestito obbligazionario di 6 miliardi di lire e cospicui investimenti in nuove tecnologie, che portano alla crescente automazione del processo di filatura e tessitura.  A tale ristrutturazione si aggiunge poi una strategia di diversificazione delle attività del gruppo al di fuori del comparto tessile che porta in prima battuta alla valorizzazione in chiave agro-industriale della tenuta di circa 1500 ettari acquistata a metà degli anni Trenta a Fossalta di Portogruaro, dove fra il 1947 e il 1948 vengono avviate una fabbrica di conserve e un caseificio, alle quali in seguito si aggiungeranno un cotonificio, un linificio, uno zuccherificio e un impianto per la produzione di flaconi di vetro.