Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

BUITONI, Giovanni

Mensa degli stabilimenti Buitoni a Perugia: operaie durante il pranzo, 1929 (Alinari 24 ore).

 
 

Le scelte di Silvio e le idee di Giovanni
La Perugina diviene, già negli anni Venti, uno dei maggiori esportatori di prodotti dolciari ed è la prima azienda italiana del settore ad applicare, tra il 1926 e il 1929, le tecniche dell’organizzazione scientifica del lavoro, aumentando la produttività e diminuendo la forza lavoro impiegata (nel 1928 ottiene il primo premio al concorso indetto dall’Enios, l’Ente nazionale per l’organizzazione scientifica del lavoro).
Nel ramo pastario del gruppo Buitoni gli anni Venti vedono andamenti economici e scelte strategiche differenti.
Giovanni Buitoni era entrato a far parte del consiglio d’amministrazione del pastificio G. e F.lli Buitoni nel 1920, allora sotto la direzione dello zio Silvio. Come nel caso della Perugina, prima dell’intervento di Giovanni Buitoni, i criteri di conduzione aziendale erano approssimativi. Gli squilibri si mostrano pericolosi già sul breve periodo, soprattutto perché la società è in una fase di espansione. Nel 1923 cade la trasformazione in società anonima con un capitale di 1,8 milioni, ma la Buitoni si trova presto sovraesposta dal punto di vista finanziario. In tale contesto si prospettano le diverse strategie che oppongono le scelte di Silvio (il risanamento dell’azienda giocato sui risparmi possibili, evitando investimenti) e le idee di Giovanni Buitoni, eletto consigliere d’amministrazione nel 1925: questi riteneva che innovazione tecnica e razionalizzazione produttiva rappresentassero la soluzione della crisi. La tensione familiare per le scelte gestionali dell’impresa precipita nell’estate 1927. Il 2 giugno a Perugia i Buitoni di Sansepolcro si dimettono. Il nuovo vertice è composto da Giovanni Buitoni, presidente, e da suo fratello Marco, nominato consigliere delegato. Il ramo familiare perugino acquisisce l’intero pacchetto azionario della società.

 

Tre per cinque
Alla fine del 1928, le imprese controllate dalla famiglia Buitoni si articolano in tre società per azioni: Buitoni, Perugina, Società arti poligrafiche dell’Italia centrale, che riforniva di cartonaggio le aziende del gruppo. Le tre società esercivano cinque stabilimenti e occupavano 1.618 dipendenti. Con questo retroterra si affronta la crisi degli anni Trenta e si elabora una nuova e diversa strategia aziendale. L’atteggiamento ottimistico di Buitoni nei confronti non solo della situazione delle proprie imprese, ma più in generale nei riguardi dell’intera economia italiana, suscita all’epoca incomprensioni e in particolare la sua volontà di forzare le strettoie imposte dalle condizioni economiche, a volte oggettivamente negative, che appare sempre una caratteristica qualificante delle sue scelte imprenditoriali.
Buitoni continua a esercitare nell’impresa il principio ordinatore e si fa carico delle scelte strategiche. La rifondazione della società sotto la sua guida dura alcuni anni e ha effetti positivi. All’impresa vengono elargiti nuovamente crediti da parte delle banche, prova evidente della fiducia che queste ripongono nel nuovo amministratore delegato. Il suo ruolo nel mondo economico e sociale continua a crescere: commendatore nel 1923, diviene vicepresidente del Consiglio provinciale dell’economia, consigliere d’amministrazione della Timo, Società telefoni Italia medio-orientale di Bologna e della S. A. Maioliche Deruta di Perugia, è nelle strutture di rappresentanza nazionali degli industriali dolciari, e infine, nel 1930, viene nominato podestà di Perugia e ricopre la carica fino al 1934. Proprio nel momento in cui l’imprenditore consolidava la sua importanza nel settore e nell’establishment politico italiano, iniziano i suoi contrasti con il regime fascista – a cui aveva aderito fin dall’inizio – sotto forma di tensioni con i responsabili della federazione locale del Partito nazionale fascista e soprattutto di continue frizioni con Starace, indicato dallo stesso Buitoni come colui che si era opposto alla sua nomina a ministro delle Finanze nel 1932.