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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

GUALINO, Riccardo

Crisi in Italia, rilancio in Francia
Le fortune di Gualino cominciano tuttavia a declinare dopo la metà del decennio. La manovra di rivalutazione della lira aggrava, per un verso, il forte indebitamento su cui si fonda il suo impero industriale, mentre annulla, dall’altro, le prospettive di espansione del mercato nazionale e degli stessi sbocchi esteri cui è legato il successo della maggior parte delle sue imprese. Le esplicite proteste per la politica di "quota 90", per quanto espresse in forma privata in una lettera dell’aprile 1927, hanno l’effetto di indispettire Mussolini. D’altro canto, già l’anno precedente i crescenti contrasti con Agnelli, non da ultimo causati dagli interessi di Gualino e dei suoi nuovi soci francesi nel settore automobilistico, sono sfociati in una rottura con la Fiat e in un pericoloso isolamento dal fronte confindustriale.
A una simile situazione l’imprenditore reagisce spostando all’estero il baricentro dei suoi affari: in Inghilterra, dove ottiene un importante credito della Hambro’s Bank, e soprattutto in Francia, dove già nella prima metà degli anni Venti si era impadronito del notevolissimo patrimonio immobiliare della Paris Foncier e dove, in occasione della quotazione in borsa dei titoli Snia, nel 1926, ha avviato una estesa collaborazione finanziaria con il banchiere parigino A. Oustric. All’estero Gualino crea un impero finanziario-industriale di dimensione non dissimile da quella del suo gruppo di interessi italiani, ma anche questo, basato ancora una volta su una girandola di debiti e su spericolate operazioni di borsa, non vale a frenare il progressivo deterioramento della sua posizione finanziaria e del suo prestigio.
Nell’orbita della Holding française, creata nel 1928 insieme con la corrispettiva Holding italiana, entrano allora imprese automobilistiche, come la Peugeot e la Ford francese, partecipazioni nel settore assicurativo (Union vie) e soprattutto aziende del settore tessile, chimico-tessile, e dell’abbigliamento: Blanchisseries de Thaon, gli Établissements Desurmont (lana) di Rubaix, la filanda Bloch in Alsazia, la Sarlino (Societé anonime rémoise de linoleum) principale produttrice francese del settore, gli Établissements Maréchal di Lione (tela cerata), varie maison dell’alta moda parigina come Deuillet-Doucet, Agnès e Germaine Patat, e il grande gruppo delle Chaussures françaises, che riunisce 17 stabilimenti, sette catene di negozi al dettaglio e circa 10.000 dipendenti.

 

Condannato al confino
Presi nel meccanismo del continuo gioco al rialzo, Gualino e Oustric arrivano, seppure per brevi periodi e controllando molto parzialmente le leve del potere effettivo, a occupare i vertici di imprese quali la Peugeot, la Tobler o, in Italia, la Cinzano. Ciò permette loro di garantire con i nomi di queste aziende nuove e vaste emissioni di titoli e così per qualche tempo di tamponare la situazione di crescente indebitamento che la crisi internazionale del 1929 fa precipitare.
Il crollo della vasta costellazione d’affari di Gualino parte proprio dalla Francia, con il fallimento, nel 1930, della Banca Adam, una controllata del gruppo Oustric, seguita dal tracollo, a catena, di tutto il giro d’interessi che ruota intorno al socio francese, di cui si scoprono oltretutto le malversazioni all’epoca dell’introduzione in Borsa dei titoli della Snia.
Con quest’ultima società ormai sotto la tutela del cartello internazionale del rayon, le altre imprese, dall’Unica all’Unione cementi, in gravi difficoltà per la recessione, lo scandalo Oustric comporta il venir meno anche di molte delle garanzie – prima fra tutte la Salpa – con cui Gualino, tra il 1929 e il 1930, ha ottenuto alcuni interventi straordinari della Banca d’Italia a favore della Banca agricola.
Nell’ottobre del 1930, attaccato frontalmente da Mussolini con un discorso al Consiglio delle corporazioni, bollato come speculatore dalla Confindustria e oramai conclusa alla Banca d’Italia l’era di Bonaldo Stringher – con cui aveva intrattenuto per due decenni rapporti preferenziali –, Gualino viene arrestato nel gennaio 1931 e condannato dal Tribunale speciale a cinque anni di confino a Lipari, per aver arrecato gravi danni all’economia nazionale. Le attività della Banca agricola vengono smembrate e passate a vari istituti di credito, la Snia finisce sotto il controllo di Franco Marinotti e Senatore Borletti, mentre le altre aziende del gruppo vengono liquidate o temporaneamente affidate a gestioni straordinarie sotto la vigilanza dall’Istituto di liquidazioni.
Complessivamente, a due anni dal crack, una volta portata a termine cioè la prima fase della liquidazione, i vari organismi dello Stato accusano ancora 300 milioni di perdite, che riducono poi di circa un sesto attraverso le cessioni e i risarcimenti realizzati entro gli anni Trenta. Al di là di questi ammanchi, tuttavia, l’eccezionalità e la spettacolarità delle misure prese contro Gualino appaiono uno strumento che permette al Regime di dimostrare la propria imparzialità e la propria autonomia dai potentati economici, colpendo al tempo stesso un personaggio ormai isolato dagli ambienti confindustriali.