Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

COSTA, Angelo

Il piroscafo Bianca C. in navigazione. La nave trasporto' merci e passeggeri tra l'Italia e il Venezuela e viceversa tra il 1959, anno in cui divene proprieta' degli armatori Costa, ed il 22 ottobre 1966, data in cui affondo' in un porto dei Caraibi, 1959 (Fondazione Ansaldo - Gruppo Finmeccanica)

 
 

Nello stesso periodo i Costa partecipano alla costituzione della Rivalta Scrivia spa, una società con quattro miliardi e mezzo di capitale che annovera tra i soci l’Ifi-Fiat e la Pirelli, per la creazione di un grande centro di ricezione, deposito e distribuzione di merci vicino a Tortona, destinato a supportare l’area portuale di Genova.

Negli anni successivi la famiglia concentra l’intera attività armatoriale in un'unica impresa, la Costa armatori, con cinque miliardi di capitale sociale, che si trova a gestire i mutamenti nel campo dei trasporti. Al declino dei servizi di linea passeggeri sulle rotte transoceaniche corrisponde in quegli anni lo sviluppo del settore crocieristico: la quasi totalità delle navi di linea viene quindi trasformata e adibita all’esercizio delle crociere nel Mediterraneo, nei Caraibi e in Sud America.
In tutti questi anni, nonostante le trasformazioni degli assetti societari, tutte le attività del gruppo rimangono saldamente nelle mani dei sette membri della famiglia. A Costa è riconosciuta una posizione preminente all’interno dell'impresa e della famiglia: «una indiscussa superiorità intellettuale e manageriale», come ricorda il fratello gesuita, Giovanni.
Ma è ancora l'impegno sul fronte della rappresentanza imprenditoriale a calamitare le sue energie negli anni Sessanta: nel biennio 1959-1960 Costa torna ai vertici della Confindustria come vicepresidente a fianco di Furio Cicogna; già nel periodo di gestazione del centrosinistra sono molti gli industriali che sostengono il suo ritorno alla guida dell'organizzazione, puntando su un cambiamento di linea attraverso una figura di indiscusso prestigio, capace di svincolare l’organizzazione dalle prime file della polemica politica e seguire un orientamento più duttile anche sulle questioni sindacali. Costa rappresenta un punto di equilibrio all'interno dell’associazione, sia per il suo passato di dirigente confederale, sia per le capacità di mediazione più volte dimostrate; ma è anche esponente di un gruppo di interessi di primo piano a livello nazionale, al centro di relazioni finanziarie e industriali ramificate, tra l’altro come presidente della Banca d’America e d’Italia e vicepresidente della Pirelli. La sua rielezione alla presidenza della Confindustria nel maggio 1966 si impone quindi senza pregiudiziali come il ritorno a una guida sicura in un periodo in cui la situazione sembra normalizzata. In realtà la seconda presidenza Costa porta il segno della sconfitta del modello normativo di relazioni industriali uscito dal dopoguerra: dapprima con il rinnovo, nel 1966, dell’accordo interconfederale sulle commissioni interne, che investe le rappresentanze sindacali della funzione contrattuale; poi, alla vigilia dell’autunno 1969, con le modifiche a quella struttura salariale di cui Costa era stato il maggior artefice negli anni della sua prima presidenza.
 

Bozzetto pubblicitario delle crociere Costa, 1970 (Fondazione Ansaldo - Gruppo Finmeccanica)

 
 

Mutati sono anche gli equilibri interni al fronte imprenditoriale, come dimostra la discussione aperta dopo il 1969 all'interno della Confindustria sulla natura, i compiti e l’immagine della stessa associazione confederale.

Molti sostengono allora la necessità di un rinnovamento dell’organizzazione che dia soluzione ai problemi gravi che il fronte padronale si trova ad affrontare. Costa comprende le cause di quella inquietudine degli imprenditori seguita alle sconfitte sul piano sindacale, ma dissente sui metodi e le procedure con cui vengono affrontati i problemi, senza riuscire a farsi interprete delle esigenze di nuova rappresentatività dell'organismo: in una lettera del gennaio 1970 a Leopoldo Pirelli, che presiede la commissione di studio per il nuovo statuto, sottolinea le difficoltà di introdurre nuove disposizioni statutarie prima dell’assemblea dei delegati, e la necessità di convocare quest’ultima secondo il vecchio statuto. Il 16 aprile Costa pronuncia all’assemblea la sua ultima dichiarazione come presidente e passa la mano a Renato Lombardi, con cui avranno corso le nuove modifiche statutarie, che prevedono il passaggio dal presidenzialismo alla collegialità.
Costa ha ancora un ruolo non secondario nel 1974, quando il contrasto con Eugenio Cefis anima la successione a Lombardi: è infatti esponente della commissione che propone la candidatura alla presidenza di Gianni Agnelli.
Muore a Genova nell'estate del 1976.
 
Risorse archivistiche e bibliografiche
A. Costa, Scritti e discorsi, a cura di F. Mattei, Milano 1980-1984, voll. 8; C. Cassani - P. Craveri, Costa, Angelo, in DBI, vol. 30, 1984; P. Craveri, La democrazia incompiuta. Figure del ’900 italiano, Venezia 2002, pp. 175-210, G. Berta, L’Italia delle fabbriche. La parabola dell'industrialismo nel Novecento, Bologna, il Mulino, 2009, pp. 101-111; E. Belloni, La Confindustria dalla ricostruzione al miracolo economico. Angelo Costa (1945-1970), Firenze 2012.