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Archivi d'impresa

MELEGATTI, Domenico

Melegatti, un rebus per il pandoro
In qualità di prodotto legato alle principali ricorrenze cattoliche, il pandoro conquista rapidamente i consumatori, ponendosi in vivace concorrenza con gli altri dolciumi tipici di tali periodi dell’anno (come il nadalin e la brassadella pasquale), e acquisendo un primato indiscusso tanto a Verona, quanto nei principali centri della provincia.
La fama conquistata dal pandoro stimola intanto le imitazioni, con uno strascico di controversie in merito all’effettiva paternità della ricetta: di qui la decisione di Melegatti di richiedere una privativa industriale che riservi al suo laboratorio la facoltà di produrre in esclusiva l’originale pandoro. La domanda è accolta, e nel 1894 il Ministero di Agricoltura Industria e Commercio conferisce al pasticcere veronese un «attestato di privativa della durata di tre anni per un brevetto designato col titolo Pandoro (dolce speciale)». La data di conseguimento del brevetto, che formalizza il successo di un articolo già da tempo conosciuto, costituisce anche l’anno di nascita dell’azienda Casa del Pandoro di Domenico Melegatti.
L’attitudine del pasticcere veronese a innovare e a sperimentare ha modo di esprimersi non soltanto sul versante produttivo, ma anche negli aspetti commerciali della sua attività imprenditoriale. A lui si deve la realizzazione dei tipici stampi a piramide tronca con la base a stella, nonché l’ideazione del marchio Melegatti – un pandoro sovrastato da un tralcio di mele e circondato da due gatti rampanti -, basato sul principio del rebus e realizzato sulla falsariga degli stemmi araldici nobiliari. Melegatti avvia inoltre un sistema di vendita dei prodotti basato sulla spedizione per corrispondenza, che consente al laboratorio veronese di allargare i propri mercati di sbocco, e lo induce a mettere a punto confezioni e imballaggi idonei a proteggere il pandoro nei suoi viaggi, e a sperimentare sistemi di conservazione alimentare che consentano ai dolci di giungere integri e freschi a destinazione.

 

Il successo solo tra i ricchi
Simili iniziative, che vanno di pari passo con l’adozione di una strategia comunicativa basata sul massiccio ricorso a insegne e annunci pubblicitari e sulla partecipazione alle varie fiere di settore, permettono all’imprenditore veronese di aumentare sensibilmente i volumi d’attività della sua pasticceria: all’inizio del Novecento il pandoro Melegatti ha ormai conquistato il pubblico dell’intero Nord Italia, entrando in concorrenza con l’altro tipico dolce natalizio settentrionale, il panettone ambrosiano. Sull’onda della fama raggiunta dal dolce, Melegatti decide di avviarne lo smercio diretto anche a Milano, dove apre un negozio destinato a rimanere attivo sino alla Prima guerra mondiale.
Nonostante il rapido successo, tuttavia, la fabbricazione del pandoro rimane confinata in un ambito artigianale, affiancata, nel laboratorio veronese, alla lavorazione degli altri prodotti freschi da pasticceria.
Tre fattori, in particolare, impediscono l’allargamento del mercato del pandoro e la sua trasformazione in un prodotto di tipo industriale. Il primo ostacolo è la ancora scarsa conservabilità del dolciume, che, di fatto, ne impedisce il trasporto sulle lunghe distanze e il collocamento su mercati lontani. Il secondo vincolo è costituito dalla forte stagionalità del consumo legata alle festività natalizie. Nel tentativo di superare questo limite, nel 1904 Melegatti lancia sul mercato una versione del pandoro svincolata dalla ricorrenza del Natale, ottenendo una seconda privativa industriale per la fabbricazione di un dolce denominato Pane reale, in onore del re Umberto I.
Malgrado il discreto successo dell’iniziativa, nemmeno la nuova produzione riesce, tuttavia, a contrastare l’ultimo, e più importante ostacolo che si frappone al decollo industriale dell’attività di Melegatti: il carattere di bene di lusso assunto, all’epoca, dalla categoria dei dolciumi, accessibili soltanto alla ristretta fascia delle classi abbienti cittadine.