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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

FERRAGAMO, Salvatore

La decisione di non impiegare macchinari rimane tuttavia il principale ostacolo a ogni ulteriore espansione dell’attività, mentre la scelta di destinare l’intera produzione all’esportazione si rivela un elemento di grave vulnerabilità. La depressione iniziata nel 1929 con il crollo di Wall Street e culminata con la svalutazione del dollaro agli inizi del 1933 rappresenta un colpo durissimo per l’azienda, già indebolita a causa della cattiva gestione finanziaria dei soci americani. Nel luglio del 1933 Ferragamo è costretto a presentare istanza di bancarotta, ma decide di rimanere a Firenze. Ripresa la produzione con i pochi operai rimasti, l’imprenditore decide di modificare la propria strategia e di consolidare la sua posizione nel mercato italiano prima di tornare ad esportare una parte significativa della produzione. Si tratta di una scelta lungimirante, che permette all’azienda di superare sostanzialmente indenne le sanzioni economiche imposte all’Italia nel 1936, in seguito all’invasione dell’Etiopia.
Negli anni successivi, caratterizzati dalla politica autarchica varata dal regime fascista, il problema più pressante, l’approvvigionamento delle materie prime, viene brillantemente risolto da Ferragamo, che riesce a sostituire i pellami e l’acciaio impiegati nella fabbricazione delle scarpe con materiali “poveri” come carta, rafia e sughero. La novità simbolo di questi anni è proprio la zeppa in sughero, che rappresenta nel 1938 il primo brevetto nella storia della moda. Sempre nel 1938 lo stilista-imprenditore è in grado di acquistare per 3,4 milioni di lire lo storico Palazzo Spini Ferroni, che diventa la nuova sede dei laboratori e del negozio fiorentino. Nello stesso anno apre negozi a Roma, Milano, Torino, Genova, Venezia e Viareggio; le esportazioni superano per la prima volta i livelli raggiunti nel periodo precedente la grande crisi. Alla fine degli anni Trenta il marchio Ferragamo è ormai diventato un vero e proprio status symbol per l’alta società internazionale, mentre l’impresa arriva a occupare 400 artigiani, in grado di produrre duecento paia di scarpe al giorno. Lo scoppio del conflitto mondiale rappresenta tuttavia una nuova battuta d’arresto, particolarmente grave per un’azienda del lusso come la Ferragamo, che vede in breve tempo impedito l’accesso al mercato internazionale e richiamati alle armi oltre due terzi della propria forza lavoro specializzata.
 

Nonostante i danni subiti nell’ultima fase della guerra – la sede di Firenze è danneggiata durante la ritirata tedesca mentre alcuni negozi sono distrutti dai bombardamenti – l’azienda conosce un rapido rilancio nel periodo postbellico, tanto che alla metà del 1946 è in grado di riprendere le esportazioni e all’inizio del 1947 è di nuovo presente in tutti i paesi europei e negli Stati Uniti. Nel 1948 apre il primo negozio Salvatore Ferragamo di New York, in Park Avenue 424, e alla fine degli anni Quaranta l’azienda arriva a produrre giornalmente oltre 350 paia di calzature, sempre rigorosamente a mano, impiegando 700 artigiani. Per Ferragamo sono gli anni della definitiva consacrazione fra i principali rappresentanti della moda e del gusto italiano nel mondo. Nel 1947 è uno dei vincitori del Premio Neiman Marcus per “particolari meriti nel campo della moda”: si tratta del primo non americano, insieme a Christian Dior, a ricevere il cosiddetto “Oscar della moda”. Alle clienti che avevano reso celebre il marchio negli anni precedenti la guerra – fra le altre Marlene Dietrich, Greta Garbo e Maria José di Savoia – si aggiungono ora nomi come quelli di Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Elisabetta II di Inghilterra ed Eva Peròn. Ferragamo riconferma e accentua la cifra stilistica della sua produzione attraverso la sperimentazione continua di nuovi modelli, nuovi materiali e nuove tecniche di lavorazione, contribuendo a porre le fondamenta del made in Italy nel campo della moda.
Nell’ultima fase della sua vita professionale lo stilista riesce ad avviare finalmente la transizione dalla produzione interamente artigianale a una almeno parzialmente meccanizzata. Si tratta del resto di una scelta obbligata nell’Italia degli anni Cinquanta, visto l’aumento della domanda, l’invecchiamento della forza lavoro e la difficoltà di reclutare nuovi artigiani dotati delle necessarie competenze. Dopo aver rifiutato una prima offerta di cessione dei diritti di sfruttamento del marchio proposta da un’azienda americana nel 1948, all’inizio degli anni Cinquanta Ferragamo, grazie a precisi accordi di fornitura stipulanti con diverse imprese italiane e inglesi al fine di garantire il rispetto di rigorosi standard qualitativi e l’impiego di una notevole percentuale di lavoro manuale, è in grado per la prima volta di offrire sul mercato linee di calzature fatte a macchina, a prezzi accessibili anche per i consumatori di fascia media. Nel 1955 pone inoltre le basi della successiva diversificazione produttiva dell’azienda con l’avvio della produzione di accessori in seta, quali sciarpe e foulards.
Muore a Firenze nell’agosto 1960.
 
Risorse archivistiche e bibliografiche
Fondo Documenti conservato presso il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze.
Oltre a Il calzolaio dei sogni. Autobiografia di Salvatore Ferragamo, Firenze, Sansoni, 1971 (nuova edizione Milano, Skira, 2010), in mancanza di una vera storia di impresa, possono essere utilmente consultati i cataloghi di diverse esposizione dedicate all’attività di Ferragamo: I protagonisti della moda: Salvatore Ferragamo (1898-1960), a cura di Kirsten Aschengreen Piacenti, Stefania Ricci, Guido Vergani, Firenze, Centro Di, 1985; Idee, modelli, invenzioni: i brevetti e i marchi di impresa di Salvatore Ferragamo dal 1929 al 1964, a cura di Stefania Ricci, Livorno, Sillabe, [2004].
 

Vedi anche la scheda pubblicata nel Portale degli archivi della moda del Novecento