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Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

STRINGHER, Bonaldo

Ritratto di Bonaldo Stringher (Archivio storico INA)

 
 

Udine, 18 dicembre 1854 - Roma, 24 dicembre 1930

Nasce il 18 dicembre 1854, primogenito di una famiglia della piccola borghesia. Conseguita la licenza di perito commerciale presso l’Istituto tecnico di Udine, si iscrive nel 1871 alla Scuola superiore di commercio di Venezia. Si diploma nel 1874, e l’anno seguente viene assunto dall’Ufficio statistico del Ministero dell’agricoltura, industria e commercio, presso il quale completa la sua formazione e inizia a interessarsi di credito bancario. Nel 1884 viene nominato direttore dell’Ufficio per la legislazione doganale e per i trattati di commercio e nel 1888 assume la libera docenza di Scienza delle finanze e di Legislazione comparata delle dogane presso l’Università di Roma, che conserverà fino al 1898.
Nel 1891, quando diventa direttore generale del Ministero del Tesoro, gli vengono affidati i lavori di preparazione della legge bancaria: questa, promulgata nel 1893, sancisce, fra i diversi provvedimenti, anche la costituzione della Banca d’Italia. Nel 1898, con la nomina a consigliere di Stato, si apre per Stringher la parentesi di una breve carriera politica, che lo vede prima eletto deputato, nel maggio del 1900, e successivamente nominato sottosegretario al Tesoro, carriera presto interrotta, nel novembre dello stesso anno 1900, dalla nomina alla direzione generale della Banca d’Italia. Stringher deve subito affrontare i problemi posti dalla difficile transizione che la banca sta attraversando: da semplice istituto di emissione di valuta in regime di concessione, a moderna banca centrale. In questo periodo svolge un ruolo fondamentale nel portare a compimento questa trasformazione, riuscendo inoltre a conciliare, nei primi anni del suo mandato, grazie anche al quadro economico favorevole, l’obiettivo della modernizzazione del sistema finanziario con il sostegno al processo di industrializzazione nazionale. In particolare, data l’ancora forte dipendenza dell’Italia dalle importazioni estere, era necessario - secondo Stringher - contenere l’emissione di moneta per evitare di svalutare la lira rispetto alle altre valute internazionali.
Nel 1906 alla Banca d'Italia viene affidato anche l’incarico di gestire la conversione della Rendita italiana, operazione che comporta il ritiro e la sostituzione di titoli del debito pubblico per un ammontare pari a ben otto miliardi di lire; si afferma così definitivamente il nuovo ruolo dell’istituto di emissione, quale banchiere e consulente del governo, che va ad aggiungersi a quello tradizionale di tesoriere. Nel 1907, il nuovo intervento per arginare la grave crisi finanziaria porta la Banca d’Italia ad assumere sempre più compiutamente le funzioni di prestatore di ultima istanza per il sistema creditizio nazionale. Il successo riscosso nel gestire interessi privati – quelli degli azionisti della Banca –, conciliandoli con la funzione pubblica, rendono Stringher la figura ideale per ricoprire, nella mappa del potere finanziario dell’Italia del primo Novecento, la posizione di raccordo fra l’area pubblica e quella privata, quale garante degli interessi dell’una e dell’altra. Non è un caso infatti che, proprio in Stringher, Giovanni Giolitti e Francesco Saverio Nitti trovino la figura ideale per progettare e, successivamente, dirigere in qualità di primo presidente, l’Istituto Nazionale delle Assicurazioni (INA), l’ente pubblico fondato nel 1912, a cui viene affidato il monopolio delle assicurazioni sulla vita.

 

Ritratto di Bonaldo Stringher anni '10-'20 (Archivio storico INA)

 
 

Durante la guerra in Libia e, successivamente, con lo scoppio della prima guerra mondiale, Stringher guida l'intervento della Banca a sostegno del Tesoro: sia direttamente, attraverso un aumento dell’emissione di moneta, sia indirettamente, occupandosi del collocamento dei prestiti di guerra e gestendo le operazioni finanziarie con l'estero. Nel 1914, quando viene varato il monopolio statale dei cambi, la gestione viene affidata allo stesso Stringher: la sua posizione verrà formalizzata con la chiamata alla presidenza del neonato Istituto nazionale cambi, nel dicembre del 1917. Nel 1919, succedendo a Francesco Saverio Nitti, Stringher ricopre per alcuni mesi l’incarico di ministro del Tesoro nel governo presieduto da Vittorio Emanuele Orlando.
La difficile riconversione produttiva del dopoguerra porta alla crisi di molti settori dell'industria, nonché delle istituzioni creditizie che li avevano finanziati largamente: oltre al caso, particolarmente grave, della Banca italiana di Sconto che fallisce nel 1921, la Banca d'Italia deve intervenire con imponenti operazioni di salvataggio di imprese industriali e istituti bancari in dissesto, fra cui spiccano per importanza l’Ansaldo e il Banco di Roma. Le ripercussioni dei salvataggi sul bilancio della Banca impediscono a Stringher di operare in modo efficace per porre un freno alle spinte inflazionistiche che vanno accentuandosi nel corso della prima metà degli anni Venti.
L’avvento del regime fascista segna l’inizio di un periodo complicato per il governatore, soprattutto a causa dei rapporti divenuti ben presto molto difficili con Alberto De’ Stefani. Questi, nominato da Mussolini ministro delle Finanze nel governo costituito all’indomani della marcia su Roma, assume nel gennaio del 1923 anche il dicastero del Tesoro e pone al centro della propria attività ministeriale l’obiettivo del pareggio del bilancio statale. In quest’ottica De Stefani tenta di imporre a Stringher il contenimento dell’emissione monetaria con cui la Banca d’Italia fronteggiava la domanda di credito proveniente dal settore privato. Il rifiuto opposto da Stringher a tale richiesta, motivato soprattutto dalla necessità di assicurare il sostegno ai salvataggi industriali ancora in corso, porta a un conflitto aperto e durissimo con il ministro. Ad aggravare ulteriormente il dissidio è inoltre la decisione presa da De’ Stefani di avviare una politica di stabilizzazione della lira. La moneta italiana aveva continuato a svalutarsi in termini reali a partire dal 1922, con effetti inizialmente positivi sull’economia nazionale attraverso la crescita delle esportazioni e l’aumento della produzione e degli investimenti. Dal gennaio 1925 il continuo peggioramento del deficit commerciale italiano e il forte aumento dell’inflazione spingono De’ Stefani ad avviare una politica di stabilizzazione della lira attraverso disposizioni dirette a limitare la circolazione monetaria, in particolare la richiesta fatta alla Banca d’Italia e agli istituti di emissione di distruggere parte delle banconote in loro possesso. Stringher decide invece di immettere sul mercato nuova liquidità, temendo un aggravarsi della crisi del mercato borsistico provocata dai provvedimenti del governo. La tensione fra i due culmina infine nel tentativo del ministro di sostituire il direttore della Banca Commerciale, Guido Jung, a Stringher nella direzione della banca centrale.