Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

MUTTI, Ugo

Velo d'olio sul concentrato
Alla fine degli anni Quaranta lo scenario dell’industria conserviera parmense assomiglia sostanzialmente a quello dell’anteguerra, con un cospicuo numero di opifici (circa 50), per lo più di piccole dimensioni, guidati con criteri artigianali e privi di politiche commerciali evolute. In quel panorama la Mutti consegue dimensioni ragguardevoli e una certa notorietà, sia in Italia che all’estero. Il marchio contrassegnato dai due leoni era già rinomato e sinonimo di qualità. Due caratteristiche distintive dell’azienda che ne determinano la fortuna sono certamente l’aver lavorato esclusivamente prodotto “in marca”, e mai per conto terzi, e l’aver destinato una quota costante del proprio fatturato, pari a circa il 25%, all’esportazione. Inoltre, nel dopoguerra, grazie anche al miglioramento dei trasporti, si concentra la produzione della conserva a Basilicanova e Provazzano (fino al 1969), cedendo gli altri stabilimenti.
Il processo di trasformazione negli anni Quaranta utilizza ancora le stesse procedure impiegate nel passato, e il prodotto finito è inscatolato in barattoli di banda stagnata, destinati al consumatore, oppure posto in botti di legno destinate alla commercializzazione industriale. In quel periodo la diffusione del frigorifero presso le famiglie italiane è ancora assai modesta, e uno dei maggiori problemi cui va incontro la conserva di pomodoro, una volta aperta la confezione, è quello della conservazione del prodotto non consumato. L’unica soluzione consiste nel coprire con un sottile velo d’olio il concentrato, per proteggerlo dalla muffa. In questo contesto Ugo Mutti arriva all’intuizione che avrebbe rivoluzionato il packaging del settore e apportato all’azienda un vantaggio tecnologico e commerciale sulla concorrenza: progetta, infatti, di mettere il concentrato di pomodoro in un tubetto, al fine di evitare contemporaneamente tutti i problemi igienici e di conservazione. Vengono allora condotti lunghi esperimenti per ottenere le condizioni e i vantaggi ricercati. Fino ad allora, infatti, nessuno aveva immesso dei prodotti “a caldo” e di tenore acido in contenitori di quel tipo. La nuova confezione è lanciata nella primavera del 1951. 

 

Il "tubetto del ditale"
Il successo non è immediato ed è necessario vincere le resistenze dei dettaglianti e dei consumatori, anche mediante un’adeguata campagna pubblicitaria. Paradossalmente l’iniziale insuccesso si volge a vantaggio di Mutti, poiché la concorrenza, sottovalutando l’impatto dell’innovazione, perde tempo prezioso, consentendo all’azienda di Basilicanova di mantenere un gap tecnologico e di consolidare il proprio primato nel settore. L’idea di utilizzare, per sigillare il tubetto, un ditale in plastica, fruibile dalle casalinghe per i lavori di cucito, contribuisce a distinguere e a rendere facilmente riconoscibile il prodotto. In breve tempo il concentrato Mutti diventa noto come il "tubetto del ditale” e il motto viene ampiamente utilizzato nella propaganda pubblicitaria e nei cartelli promozionali.
Alla fine degli anni Sessanta Ugo Mutti lancia un prodotto totalmente nuovo, da lui denominato “polpa di pomodoro”. Si tratta di pomodoro pelato, tagliato poi in piccolissimi pezzetti e successivamente sgocciolato. Un prodotto quindi di maggior resa, rispetto alla conserva tradizionale, e immediatamente pronto all’uso. Anche in questo caso l’azienda funge da apripista, stimolando l’intero settore.
Ugo Mutti muore a Montechiarugolo nell’autunno del 1980. Le innovazioni tecnologiche riconducibili alla sua attività imprenditoriale hanno contribuito alla modernizzazione complessiva di un settore che, per molti decenni, non aveva registrato progressi sostanziali. L’elevata propensione di Mutti all’innovazione tecnologica rappresenta la condizione basilare che consentirà all’impresa di diventare, all’alba del terzo millennio, la marca più importante fra i produttori parmensi, e una delle realtà più significative del settore nel panorama nazionale. Nel 2004 l’impresa lavora un milione di quintali di materia prima, rispetto ai 220.000 del 1980 e ai 120.000 del 1964, mentre il fatturato, di 26 milioni di euro nel 1998 e oltre 55 milioni di euro nel 2003 – di cui il 75% conseguito sul mercato nazionale e il rimanente all’estero (Comunità europea, Oceania, Giappone e America meridionale) –, arriva a superare i 110 milioni di euro nel 2008.

Risorse bibliografiche
I. Pergreffi, L’industria del pomodoro a Parma tra la fine dell’Ottocento e la seconda guerra mondiale, Reggio Emilia, Tecnigraf, 1994; Fratelli Mutti dal 1892 al 1995 (dattiloscritto), a cura di G. Montacchini, Parma, 1995; A. Capatti, Pomi d’oro. Immagini del pomodoro nella storia del gusto, Parma, 1999, pp. 120-131, edizione fuori commercio pubblicata per celebrare il centenario dell’azienda; Viva la pappa col pomodoro. Cent’anni fa nasceva il marchio dei fratelli Mutti, in «Corriere di Parma», 1999, 1, pp. 46-48; G. Gonizzi, Una vita all’insegna del pomodoro. Francesco Emanuele, la Stazione Sperimentale delle Conserve e la nascita della Fiera di Parma (1925-1950), in «Parma economica», 2000, 3, pp. 63-64.