Ministero della Cultura - MIC-Direzione generale archivi

Servizio Archivistico Nazionale

Archivi d'impresa

PIAGGIO, Erasmo

I buoni risultati ottenuti dalla Seb e gli spazi creati per nuove iniziative imprenditoriali dalla legge sull’emigrazione del 1901, che impone alle società impegnate sulle rotte oceaniche una modernizzazione delle flotte, spingono Piaggio, allettato dalla prospettiva di tornare al comando di una propria compagnia di navigazione, ad abbandonare la Navigazione generale italiana e a fondare, nel novembre del 1903, il Lloyd italiano. Con il controllo di un terzo delle azioni della nuova società, l’imprenditore punta a competere con la società che ha guidato per vent’anni. Deve però rinunciare ben presto al proposito di offrirsi come valida alternativa alla Ngi. Per costruire le otto navi di cui intende dotarsi, nel 1907 il Lloyd italiano è costretto ad un aumento di capitale sottoscritto per il 40% dalla stessa Navigazione generale, che conquista così il controllo azionario. A ciò si aggiunge una repentina contrazione dei flussi migratori, causata da una crisi economica internazionale che si avverte con particolare asprezza negli Stati Uniti, dove cala la domanda di forza lavoro e, con essa, il fabbisogno di immigrati.

Nonostante l’uscita dal capitale del Lloyd italiano nel 1909, Piaggio non abbandona l’impegno nei trasporti oceanici, pur orientandolo non più al trasporto di emigranti, bensì a quella delle materie prime, soprattutto in seguito all’acquisizione nel 1915 della Navigazione Alta Italia, una compagnia specializzata nel trasporto del cotone americano verso l’Italia. Le difficoltà incontrate nel settore armatoriale lo spingono inoltre a tornare a concentrare la sua attenzione sul settore navalmeccanico, acquisendo il controllo nel 1912 dei Cantieri navali riuniti. Fondati a Genova nel 1906, i Cantieri riuniti rappresentano l’esito di un processo di concentrazione meccanico-siderurgica che, sotto la regia della Banca commerciale italiana, aveva portato sotto lo stesso ombrello societario alcuni dei più importanti cantieri navali italiani: Palermo, Ancona, Messina e Muggiano (La Spezia). Piaggio provvede subito a snellire l’azienda, non rinnovando la concessione per il bacino di Messina e vendendo il cantiere di Muggiano alla Fiat-San Giorgio.

 
La necessità di mantenere una costante contiguità al potere politico e di orientare l’attenzione dell’opinione pubblica a favore dei propri interessi aziendali diventa nei primi decenni del secolo particolarmente pressante per Piaggio, che amplia notevolmente il perimetro dei propri interessi nel settore della stampa, fino ad allora limitato a una partecipazione al capitale del “Corriere mercantile” di Genova. Acquista così il pacchetto azionario di controllo de “La Tribuna”, che diventa la voce delle richieste protezionistiche degli industriali italiani, mentre nell’imminenza della grande guerra si associa alla cordata che assume la maggioranza azionaria del quotidiano bolognese “Il Resto del Carlino” e de “L’Idea nazionale”, due testate che danno voce a un acceso interventismo. Nel dopoguerra, in seguito all’impresa di Fiume del settembre 1919 e impressionato dal dilagare delle proteste operaie, Piaggio si schiera a favore delle istanze nazionaliste, prima, e in seguito del fascismo. Dal 1923 l’alleanza con il regime ha un nuovo esito editoriale: comincia a uscire il “Giornale di Genova”, una nuova testata dichiaratamente fascista, sostenuta da Piaggio e da buona parte dell’industria armatoriale e cantieristica nazionale.
Sul versante imprenditoriale gli anni del primo conflitto mondiale, grazie alle commesse veicolate dal governo e alle agevolazioni fiscali per gli armatori che ordinano navi ai cantieri italiani, si rivelano un periodo estremamente favorevole per i Cantieri riuniti guidati da Piaggio, che nel 1919 decide di costruire un terzo impianto a La Spezia, specializzato nelle riparazioni navali. Le aspettative di pronto risveglio del mercato dei piroscafi da carico e passeggeri sono tuttavia destinate a rimanere deluse: fra il 1920 e il 1923 le commesse navali crollano e con esse la produzione nazionale, che si riduce di due terzi. Nei primi anni Venti problemi di sovradimensionamento e di riconversione produttiva spingono le attività navalmeccaniche del gruppo Piaggio in una profonda crisi. I cantieri sopravvivono grazie alla produzione di carri ferroviari, caldaie, motori e a opere di carpenteria, ma devono registrare nel periodo 1922-1923 la totale assenza di qualsiasi ordine di nuova costruzione navale. Nel 1925 Piaggio decide la scissione della Seb: le attività di carenaggio svolte nel porto di Genova vengono affidate a una nuova società, l’Ente bacini, mentre le attività cantieristiche assumono la nuova denominazione di Cantieri del Tirreno.
Nella seconda metà degli anni Venti, le attività navalmeccaniche del gruppo Piaggio registrano un’inversione della tendenza negativa accusata nella prima parte del decennio. Si tratta però di una ripresa legata quasi esclusivamente alla domanda militare, e solo in minima parte frutto di una ripresa del comparto mercantile. Le commesse di cui fruiscono in questo periodo i Cantieri del Tirreno e i Cantieri navali riuniti sono espressione della politica di riarmo già avviata dal regime fascista e rilanciata dopo la grande crisi del 1929.
Né le commesse militari, né gli aiuti pubblici bastano però a sanare la depressione in cui l’intera navalmeccanica italiana scivola a partire dal 1930.
Piaggio muore a Genova alla fine del 1932. Nel 1933, l’Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) solleva la Banca commerciale e il Credito italiano dagli immobilizzi nella cantieristica: fra questi sono inclusi i pacchetti di controllo azionario di tutti i principali gruppi navalmeccanici italiani, con l’eccezione delle attività controllate dal gruppo Piaggio. L’elevata diversificazione produttiva perseguita nei decenni precedenti dall’imprenditore genovese, e la mancata integrazione verticale con la siderurgia, che trascina nel baratro il resto della navalmeccanica italiana, permettono a Piaggio di conservare fino alla fine l’autonomia e la proprietà privata della propria costellazione aziendale.
 
 
Risorse archivistiche e bibliografiche
Le carte residue su Piaggio e le sue iniziative imprenditoriali sono sparse in diversi archivi, per i quali si rimanda a R. Giulianelli, La parabola di un grande gruppo armatoriale e cantieristico italiano (1875-1972), Bologna 2012 e ai saggi, ricchi anche di informazioni sulla famiglia, del volume L’Italia dei Piaggio, a cura di M. Cainella - G. Maifreda, Milano, Nexo, 2012.