SINIGAGLIA, Oscar
Roma, 31 ottobre 1877 - Roma, 30 giugno 1953
Il padre Angelo è un commerciante di prodotti siderurgici appartenente alla buona borghesia ebraica romana. Il fallimento della ditta paterna nel 1894 e il conseguente suicidio del padre lo pongono in una situazione drammatica e lo costringono, nonostante la giovane età, a entrare nel mondo degli affari.
Sistemata con un concordato la situazione debitoria del padre, Sinigaglia decide di proseguire l’attività di commercio di prodotti siderurgici, fondando insieme a un socio la ditta Sinigaglia e Di Porto. Nello stesso tempo prosegue gli studi e si laurea in Ingegneria civile alla Scuola di applicazione di Roma. Nel 1901 la ditta viene trasformata in società anonima con il nome di Società Ferrotaie, mentre Sinigaglia assume la rappresentanza generale per la vendita dei prodotti della Siderurgica di Savona, una delle principali imprese del settore.
Sinigaglia, che - come molti esponenti della borghesia ebraica italiana - mostra forti tendenze nazionalistiche, vedrà per tutta la vita quella dell’acciaio come la “questione” più importante dell’industria italiana per gli effetti benefici che una siderurgia in grado di offrire grandi quantità di prodotti a basso prezzo e di buona qualità avrebbe esercitato sui settori industriali a valle, in particolare sulla meccanica.
Pochi stabilimenti di grandi dimensioni
È questa la ragione per cui nel 1910 Sinigaglia prefigura una soluzione alla crisi dell’industria siderurgica italiana radicalmente diversa da quella che invece si concretizza l’anno seguente sotto la regia della Banca d’Italia, con il salvataggio dell’intero settore. Questa, infatti, prevede il mantenimento degli equilibri esistenti e sancisce l’accordo fra il cosiddetto “trust siderurgico”, che fa riferimento alla Banca commerciale italiana, e il gruppo Bondi, che guida la Piombino. Convivono, nella cornice di questo accordo, una congerie di impianti molto diversi, sia dal punto di vista delle dimensioni, sia da quello qualitativo, così da non permettere il pieno sfruttamento delle economie di scala necessarie alla razionalizzazione del settore. Sinigaglia sostiene invece fin da allora la necessità di puntare su pochi stabilimenti di grandi dimensioni, a ciclo integrale, e sulla specializzazione degli altri, senza escludere la chiusura di impianti piccoli e tecnologicamente arretrati.